La scelta del cognome in nome del delizioso poeta e scrittore francese Paul Valéry fu, da subito, la firma di uno stile. Unico. Colto e, insieme, volutamente elitario. Là dove innanzitutto si sorride di sé stessi . L’autore prescelto non apparteneva alla serie dei più gettonati, pur essendo un riferimento anche nella lotta contro il nazismo. E Franca Maria Norsa, poi Valeri, figlia di un padre ebreo, sapeva cos’erano i fascismi. Il tratto che contraddistingue in un’artista poliedrica ma rigorosa la parte pop, quella dei media di massa radiofonici e televisivi, è la geometrica potenza dell’ironia. Quest’ultima, a sua volta, illuminata da un retrogusto malinconico.

IL FRASEGGIO figlio di un’accurata scrittura è irrigato da una fonetica di per sé evocativa di una risata contenuta e sorvegliata. È stata caposcuola e anticipatrice di una comicità legata a figure sì reali, e tuttavia innalzate a categorie eterne e sur-reali. L’immersione nei riti della televisione generalista, a partire dalla messa pagana del sabato sera (ad esempio, il mitico Studio Uno), non ha profanato la dimensione intellettuale della Valeri. Anzi. Proprio la capacità di navigare tra «alto» e «basso», indovinando la linea mediana giusta, ha reso felici e coinvolgenti le apparizioni eccentriche rispetto alla sintassi classica del vecchio varietà: conduzione, balletti e barzellette. No, sketch divenuti icone di un teatro civile, battute da enciclopedia dell’umorismo («cretinetti»), rappresentazioni a giorni alterni (ma che cambia?) di signore snob o popolari hanno un filo conduttore. L’ironia graffiante attraversa indistintamente classi e gruppi sociali differenti, perché mette in causa le ovvietà dei pensieri dominanti o di un mal riposto senso comune. Insomma, (la) Franca è stata l’antesignana di una critica attiva del goffo conformismo culturale, del pensiero unico, del politicamente corretto. Non solo. È stata prefigurante pure nel declinare il «comico» nell’universo dei segni e dei linguaggi di una donna, delle donne. Il femminismo ha scritto pagine fondamentali sulle componenti dell’espressione artistica occultate dal predominio maschile. E proprio la comicità era stato il territorio privilegiato dell’esibizione (magari di livello) degli uomini, portatori di cliché talvolta grossolani e di sovente intrisi di sessismo.

DI FRONTE a lei i maschi diventano piccoli. Rivedere i frammenti della Valeri televisiva a Techetechete è una gioia e un momento di alta formazione: tante cose avvenute dopo forse non avrebbero avuto lo stesso corso, compresa la terza rete di Angelo Guglielmi (dalla Tv delle ragazze in poi). Per non parlare di alcuni frammenti di genio radiofonico. Forse (pur tanto diverse) la compianta Anna Marchesini, Paola Cortellesi e Sabina Guzzanti – per citare alcune protagoniste- non sarebbero state le stesse. C’è un risvolto politico, poi, da non rimuovere. Franca Valeri ha accompagnato l’occupazione del Teatro Valle di Roma, dove aveva recitato e dove ritrovava lo spirito simpaticamente eversivo che la sua estetica ha portato al successo in un vasto pubblico. Che l’ha amata e l’amerà perché la rivoluzione è degli educati, come proclamò lei stessa verso la fine. Già, i maleducati hanno preso il potere. I cretinetti (per ora) sembrano in vantaggio.