Sylvano Bussotti compie 90 anni. Un secolo è passato attraverso di lui e la sua musica. Per lui Mario Bortolotto, in Fase seconda (1969) parla di «alessandrinismo». E se pensiamo a quanto la cultura alessandrina abbia ripensato la tradizione, sconvolgendola e ricostruendola da capo a pezzo a pezzo, il termine pare circoscrivere alla perfezione il musicista, il calligrafo, il disegnatore, il cesellatore, l’attore, il teatrante, il performer che è Bussotti. Le sue attività sono molteplici come molteplice è la sua curiosità, una voracità insaziabile per tutte le cose del mondo. Una sua partitura è anche disegno, pittura. Sembra volervi riassumere i molti significati dell’ideoframma cinese: disegno e suono a una volta. A cominciare dalla y che s’istalla nel nome: Sylvano. Già segno e suono.

L’ACCADEMIA Filarmonica Romana gli ha dedicato un concerto che ne percorre rapidamente il volo musicale e teatrale insieme, da Il Nudo (solo la quarta parte), su testo di Aldo Braibanti, del 1963, a Attacca subito – frammenti, nella versione elettronica, del 2013. Arcangeli, del 2008, ma eseguiti per la prima volta, e Lachrimae per ogni voce, del 1978, in una versione per voce e live electronics, completavano la serata. Voce, Monica Benvenuti, che ha colto con intensa partecipazione quanto d’imprevedibile e perfino d’improvvisato ci sia nella scrittura fantasiosa e tuttavia precisa, calligrafica, appunto, di Bussotti. Alla guida elettronica Francesco Giomi, attivo collaboratore di Tempo Reale, l’associazione fiorentina che da decenni sperimenta i territori della musica elettronica. Nonostante alcune pagine siano recenti, l’ascolto di questa musica conferma quanto sia stata indispensabile la ricerca della cosiddetta Nuova Musica, ma quanto anche ormai siano confinata a un’esperienza conclusa. Che cosa ci arriva di questa esperienza? La violenza, sacrosanta, con cui è stato demolito il feticcio della musica come oggetto intoccabile di bellezza. Bussotti condensa in ogni attimo della sua musica la materialità stessa del suono, ne dissolve il significato espressivo e lo ridimensiona a puro gesto, quasi teatrale.

TOCCA una condizione prelinguistica del linguaggio nel canto, e scarta la partecipazione emotiva dalla musica. Nel Nudo la parola «linguaggio» è, per così dire, denudata quasi solo alle sue vocali i-u-a-o, l’avvio liquido della l a darvi senso. La musica è concentrata nel puro gesto, nell’atto di accennare a qualcosa che non viene. Tutto il resto, viene da pensare – l’amore, il sentimento, lo slancio, l’impegno politico, la melodia, il ritmo – è pura illusione. Tuttavia colpisce, poi, negli Arcangeli, un ritmo ostinato che sembra rubato al rock, come a restituire intenzionalità al gesto musicale (del resto Cathy Berberian, immensa interprete di tanta musica di Bussotti, e di quasi tutti i compositori del Novecento, cantava le canzoni dei Beatles come fossero arie di Vivaldi o Bononcini).

IN REALTÀ anche questo è apparenza, proprio perché gli strumenti tradizionali dell’espressione sono bloccati, svuotati di senso, risulta che il significato, lo slancio, la violenza emotiva risaltino con un’evidenza inequivocabile. Scarso il pubblico, ma tutti assorti, entusiasti, a rivivere una stagione che non c’è più. Seguiva – pubblico foltissimo – l’esibizione di un mirabile trio, tutto femminile, Rita Superbi, Marilena Biseglia, Catia Castagna, il Taiko No Koe, percussione di tamburi giapponesi, e ci si è sentiti trascinati in un irresistibile vortice ritmico, una musica della materia, corpo umano compreso, che di nuovo, come prima Bussotti, ci ripropone la materialità del suono come ineliminabile premessa di qualunque intenzionalità espressiva dell’uomo. Ricordiamocelo, prima d’insuperbirci per i voli dello spirito. Siamo materia, e dalla materia ricaviamo tutti i significati della vita. Anche quelli spirituali. Ringraziamo l’Istituto Giapponese di Cultura per questa esperienza, ch’è parsa quasi un’immersione nella visione zen del mondo.