La strage delle Fosse Ardeatine ha segnato indelebilmente la storia d’Italia. Negli anni la memoria si è consolidata grazie al prezioso contributo del cinema, del teatro e della storiografia.
Recentemente, Sandro Portelli, che è stato il principale interprete dell’eccidio e del suo racconto, ha proposto insieme a un nutrito gruppo di intellettuali un «calendario civile», parallelo a quello religioso, in cui la data del 24 marzo non poteva certo mancare.
A quest’ultimo contributo nel volume di Donzelli (si veda Piero Bevilacqua, il manifesto, 28/02) vale la pena affiancare la lettura di Massimo Sestili, I ragazzi di via Buonarroti. Una storia di Resistenza (Marlin).

IL LIBRO, uscito per il cinquantenario della liberazione e da poco riedito, è il frutto di una ricerca basata sulle testimonianze orali, su un’ampia bibliografia e sulla documentazione conservata presso numerosi archivi, tra i quali i fondi privati dei protagonisti. Racconta la storia del gruppo di via Buonarroti 29, cinque ragazzi in lotta contro il nazifascismo a Roma. Spicca il profilo di Paolo Petrucci, triestino, studente e di lettere, poeta e partigiano, di cui Sestili è riuscito faticosamente a ricostruire la storia. Si tratta di uno dei 335 civili uccisi nelle cave di pozzolana il 24 marzo come rappresaglia per l’azione gappista di via Rasella. Esponente di una generazione nuova di antifascisti, arrivati alla politica passando per la cultura e per un sentimento di rivolta morale, combatte in Africa nel reparto Granatieri. Dopo l’8 settembre rientra a Roma e si scontra con i tedeschi a Porta San Paolo, quindi entra in clandestinità e riprende i contatti con gli amici di sempre: Paolo Buffa, Enrica Filippini-Lera e soprattutto Cornelio e Vera Michelin-Salomon, la sua compagna. Come scrive Mario Avagliano nell’introduzione, quella raccontata da Sestili è la storia di un movimento cittadino fatto da giovani coppie, talvolta costrette a una separazione forzata e spesso dagli esiti drammatici.

Per comprenderne le ragioni storiche occorre ripartire dagli anni della formazione del gruppo tra la Biblioteca nazionale in via del Collegio romano e la Facoltà di Lettere, a contatto con il primo nucleo dei giovani comunisti romani. Ricorrono più volte alcuni nomi cari al manifesto come Giaime e Luigi Pintor, Lucio e Laura Lombardo Radice, Aldo Natoli, ma anche Ernesto Buonaiuti, perseguitato dal fascismo, allontanato dalla Chiesa, e negli anni Trenta collaboratore della comunità metodista romana a cui facevano riferimento anche i Michelin-Salomon.

IL PASSAGGIO ALL’AZIONE si colloca il 12 settembre 1943, data d’inizio del lungo viaggio di Petrucci e Buffa dietro le linee per prendere contatto con gli Alleati. Il 15 gennaio i due vengono paracadutati sul Tevere e si trasferiscono in via Buonarroti, cioè a casa di Enrica già impegnata insieme a Vera nella distribuzione della stampa antifascista. Il 14 febbraio avviene l’arresto a cui segue la carcerazione a Regina Coeli. Nonostante fosse stato dichiarato libero per mancanza di prove, Petrucci è inserito nella lista di morte stilata da Kappler. Non manca però anche un lieto fine, con Paolo e Enrica che si ritrovano a guerra finita nella Germania dove la giovane militante era stata deportata a poche settimane dalla liberazione di Roma.

UN INSIEME STRAORDINARIO di storie, questo raccontato da Sestili, ma anche un frammento di una vicenda collettiva. Come ha insegnato Claudio Pavone, per capire la Resistenza bisogna riprendere in mano le biografie, interrogarsi sulla moralità come «spazio individuale e collettivo in cui politica e etica si sono incontrate e scontrate». In quello spazio si situano anche le storie di via Buonarroti.