Continua l’attenzione da parte della Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro, diretta da Pedro Armocida, verso la nuova cinematografia russa attraverso un programma caratterizzato dalla presenza sempre più importante di autrici che hanno saputo raccoglie e restituire, con lucidità, i cambiamenti epocali della Federazione russa con le sue contraddizioni sociali. La sezione Sguardi femminili russi, curata da Giulia Marcucci, ha accolto quest’anno cinque opere, tra documentari e fiction, legate tra loro dalle storie intime, individuali e famigliari, da cui emerge una realtà caotica e complessa. La frammentarietà delle trame narrative è legata al micro-territorio e alle storie microsociali, dove passato e presente si affrontano liberando orizzonti per un nuovo futuro. In the eye of the storm di Lisa Kozlova, una bufera di neve accompagna Natascia, protagonista dodicenne, nel difficile passaggio dall’infanzia alla giovinezza. La giovane regista, allieva di Marina Razbezkina, prosegue la ricerca stilistica tipica dei creative documentaires in cui il linguaggio documentarista è radicalmente rinnovato dall’immersione totale nella realtà dei protagonisti, grazie all’assenza di una sceneggiatura e all’utilizzo di piccole video camere. La registrazione attraverso le camere a mano della vita che fluisce, restituisce con precisione la quotidianità della giovane Natascia sia all’interno degli spazi famigliari sia per le strade della piccola città, decentrata e periferica, in cui emergono temi sociali forti: le ristrettezze economiche, famiglie sconquassate e figure tipiche delle periferie della Russia anni ’80 e ‘90 come il padre di Natascia, pittore emarginato che produce alcolici di contrabbando in casa. Centrale nel reality docs Harmony, di Lidija Sejnina, è lo spazio ristretto di un appartamento, dove la silenziosa e piccola video-camera osserva le interazioni famigliari di una famiglia borghese, in cui l’anziana protagonista è costretta a condividere la sua casa con la nipote e l’energia sfrenata dei suoi quattro figli. Il silenzio, l’ordine e gli oggetti, come l’amato pianoforte dell’anziana signora, sono in continuo pericolo al passaggio dei bambini, così come i rapporti di convivenza. Nella precarietà degli spazi e degli oggetti emerge con forza, attraverso gli home video della camera da presa, l’elemento femminile incarnato nei valori della nonna e nell’affetto della nipote, capaci di creare l’armonia fra tre diverse generazioni. Con stile e genere differenti la regista Lera Surkova indaga, in Pagans, le dinamiche di una casa borghese, dove l’arrivo della ultra religiosa nonna mette, invece, in discussione e a soqquadro gli equilibri famigliari. Tratto dall’omonima pièce teatrale di Anna Jablonskaja, il film mette in luce uno dei cambiamenti della Russia post-comunista: il ritorno della Chiesa Ortodossa, dalle zone periferiche verso i centri urbani, nella vita politica ed economica della Federazione Russa dopo più di mezzo secolo di anticristianesimo e ateismo di stato. All’interno degli spazi chiusi dell’appartamento spicca nuovamente l’elemento femminile: la nonna e la trafila religiosa che gestiscono l’economia psicologia e materiale dell’intera famiglia. Sarà la giovane nipote e figlia a richiamare l’equilibrio attraverso il maschile emarginato: il padre musicista e uno zio peccatore, poi redento dai sensi colpa che incarnano rispettivamente l’ateismo e il paganesimo. Svetlana Cernikova nel film breve Cholera lavora sul tema della memoria, centrale nella letteratura russa contemporanea come dimostra la raccolta di racconti Falce senza martello, presentato dalla curatrice Giulia Marcucci nella 53° edizione della Mostra del nuovo cinema di Pesaro. La regista Cernikova mette in scena la fuga dalla quotidianità di un vecchio pescatore, Sergej. Arrivato sulle sponde deserte del lago Onega Sergej ricerca il fantasma della moglie, interrogandosi sul tempo e i ricordi, sul presente e il passato. L’abbandono delle città per le zone rurali, diventa sempre più dominante nella nuova cinematografia russa, dove la scoperta di zone periferiche e di comunità marginali, riconnette le nuove generazioni con le vecchie. In The net di Aleksandra Streljanaja, infatti, un giovane uomo è alla ricerca, in un villaggio sul mar Baltico, di Anya scappata dalla città per far ritorno nella sua comunità. Il nonno della ragazza guiderà il giovane in un viaggio sciamanico, dove affronterà le sue paure e i suoi ricordi personali. Anche Anya, nella sua solitudine, dovrà affrontare le sue paure incarnate in una comunità fortemente patriarcale e dall’attesa in un figlio imprevisto. La camera, immersa nei toni blu del mare e dei sogni, segue da vicino il viaggio esistenziale dei due giovani, passando dalla città segnata da graffiti e dalle feste notturne fino a immergersi nel mare e nei boschi.