Una cena tranquilla è il primo romanzo di Cécile Tlili, edito in Italia da Elliot (pp. 160, euro 16) e in corso di traduzione anche in Germania e in Olanda. L’espediente narrativo è molto conosciuto: una cena fra amici, come se ne fanno tante, che invece si trasforma in un momento molto drammatico per tutti coloro che vi partecipano. A rendere interessante questa versione di Tlili è la sua capacità di indagare e restituire le ragioni e le personalità dei quattro personaggi i cui punti di vista si alternano nel corso del romanzo.
Probabilmente perché la sua condizione di giovane donna incinta suscita empatia, l’impressione è che la protagonista di questa storia sia Claudia, colei che si occupa di preparare il cibo, nonché l’estranea. Con dedizione e impegno, soprattutto con fatica, ha cucinato infatti per una coppia di amici del suo compagno Étienne, ma solo perché non ha potuto farne a meno. Dopo averli incontrati una volta durante una festa in cui tutti l’hanno ignorata, in particolare Johar, l’altra protagonista di questo romanzo, è riuscita a evitare accuratamente di doverli rivedere, ha preferito che Étienne li incontrasse da solo, senza doversi sottoporre ancora a un rito sociale che non solo la atterrisce a causa della sua timidezza innata, ma che la ferisce.
Étienne appartiene all’alta borghesia parigina e gli amici che frequenta sono tutti, per nascita o per reddito, consoni a quell’ambiente in cui Claudia non si ritrova: lei è una fisioterapista taciturna, spesso paralizzata dalla sua stessa timidezza, che nei momenti di tensione si riempie di macchie rosse sul viso e sul collo.

A CONTENDERLE la simpatia di lettrici e lettori è Johar, che nonostante la ferocia del primo incontro con Claudia, comprende, proprio durante questa cena, l’importanza di salvaguardare in sé le qualità che la rendono umana. Prima di arrivare nell’appartamento di Étienne, dove la aspetta già suo marito Rémy, Johar ha ricevuto l’offerta di una promozione per cui ha lavorato tutta la vita: direttrice generale di un’azienda quotata in borsa, che ne ha appena acquisita un’altra. È per via del suo ruolo manageriale che la serata è stata organizzata: proprio Étienne ha bisogno del suo aiuto.
In questo elemento dell’intreccio risiede uno degli aspetti della rivoluzione raccontata nel romanzo, che pure all’apparenza non è altro che il resoconto di una cena fra due coppie di adulti: nel fatto che un avvocato bianco, parigino, figlio di una famiglia che ha un patrimonio immobiliare in città abbia bisogno per la sua carriera dell’appoggio di una donna tunisina, i cui genitori si sono trasferiti in Francia per fare i panettieri in periferia. È eclatante, ma Tlili è molto abile a narrarlo senza forzarne la portata, anche perché la ricchezza atavica di Étienne non si estinguerà solo perché lui ha un momento di difficoltà sul lavoro.

LA RIVOLUZIONE sta poi nella libertà che Johar e Claudia per ragioni completamente diverse non solo desiderano, ma si possono permettere, risiede nel fatto che a condurre il gioco delle parti, che sta ovviamente al cuore di un romanzo come questo, sono le due protagoniste, una manager che dopo anni di lavoro e fatica è riuscita a garantirsi la possibilità di scegliere e una giovane donna che: «vibra tutta della sua voglia d’amore, vorrebbe urlare la sua voglia d’amore».