Che cos’è la paura, una sorta di sistema di allarme che avverte di un pericolo, costringendo a prendere le dovute contromisure? È un’angoscia che blocca mettendoci alla mercé del nemico? È paura dell’altro, del diverso o del proprio simile? È il ritorno del rimosso, l’avvento dell’alieno assoluto? È l’abisso che si guarda a lungo e che restituisce quello sguardo? E perché può essere fonte di piacere, scolorando nel sublime o facendo amare il genere horror? Come nota Giorgio Agamben, in un breve testo di qualche anno fa, la paura è «qualcosa di familiare, certo – eppure, se cerchiamo di definirla, sembra ostinatamente sottrarsi alla comprensione». Forse, allora, più che cercare di comprenderla, può essere utile – e piacevole – attraversarla nelle sue diverse sfaccettature grazie alla letteratura. Che è quanto avviene leggendo la raccolta curata da Luigi Ananìa e Alessandro di Robilant intitolata Nessuno sa. Racconti sul sentimento della paura (DeriveApprodi, pp. 205, euro 18).
Divisa in tre sezioni, ognuna intitolata con una frase rispettivamente di Rilke (Ogni angelo ha il suo lato spaventoso), Sofocle (Per chi ha paura tutto fruscia) e un anonimo di Catanzaro Lido (Tengo paura), la raccolta è una sorta di viaggio tra le diverse declinazioni del sentimento in oggetto. E il lettore potrà sperimentare come spesso sono quelli ritenuti deboli i più forti, o chi sia realmente un oscuro personaggio letterario. E scoprire come il nemico più pericoloso per se stessi sia, a volte, la propria soggettività.

RITROVARSI davanti a fatti misteriosi, scoprire cosa c’è dietro lo specchio. Incontrare figure poco note legate ai Mille di Garibaldi, notare che anche i fulmini possono comportarsi in maniera strana. Capire che l’espressione «il vino fa buon sangue» può significare qualcosa di diverso o che la paura è alla base di ogni psicoterapia. Tutto questo e molte altre storie narrate, ognuna in maniera differente, dove la paura, che comunque aleggia facendo da trait d’union, incontra altri sentimenti, modi di sentire, diversi stili di vita in una sorta di caleidoscopio armonico e dissonante, che non mira a offrire un’immagine pacificata dell’esistente, ma proprio le sue contraddizioni, dissonanze, diversità. «Ventuno racconti scritti in un periodo di isolamento post-pandemico» – come recita la quarta di copertina – che, ognuno con lo stile del proprio autore, offrono un quadro delle strategie messe in atto quando arriva la paura e di come questa possa apparire nelle più variegate situazione. E soprattutto ventuno scrittori che, ciascuno con il proprio stile, contribuiscono tutti alla riuscita del libro e che, in ordine di apparizione, sono: Patrizia Carrano, Luigi Ananìa, Alberto Guarnieri, Nicoletta Vallorani, Anna Giurickovic Dato, Diego Marras, Giuseppe Dino Baldi, Alessandro di Robilant, Giovanni Maccari, Ugo Cornia, Silvana Gandolfi, Maria Tiziana Lemme, Alessandro Marinaro, Vincenzo Antonio Scalfari, Fabio Salbitano, Lorenzo Pavolini, Tommaso Giartosio, Angelo Pasquini, Carlo Villa, Alessandro Schwed e Nicola Boccianti.

TORNANDO alla paura, il vero grande pericolo legato a questo sentimento è forse quello già messo in evidenza da Agamben nel testo citato prima, ovvero permettere che altri fondino il potere sul panico e, «trasformando l’emergenza in una stabile norma», decidano ad arbitrio «quello che io posso o non posso fare cancellando le regole che garantivano la mia libertà».