Più elegante di una star di Hollywood, Mildred Ratched (Sarah Paulson) arriva all’istituto psichiatrico della piccola cittadina di Lucia, in California, a bordo di una altrettanto elegante Ford Coupe verde. Sono gli anni Sessanta, quindici anni prima degli eventi raccontati in Qualcuno volò sul nido del cuculo di Milos Forman, dove l’infermiera Ratched interpretata da Louise Fletcher svettava come una delle «cattive» più indimenticabili della storia del cinema.

NELLA SERIE TV Ratched – sviluppata da Ryan Murphy e creata da Evan Romansky, disponibile su Netflix – si raccontano le sue «origini», i suoi inizi come infermiera in un ospedale psichiatrico, quello di Lucia, dove sta per fare il suo arrivo Edmund Tolleson (Finn Wittrock), che nella prima sequenza della serie massacra quattro preti cattolici nella loro casa. C’è da stabilire la sua condizione – «pazzo» o sano di mente? – per decidere sulla pena di morte.

L’ospedale, diretto dal dottor Richard Hanover (Jon Jon Briones) si proclama all’avanguardia nelle terapie psichiatriche: e infatti vi si sperimentano tutti i metodi più sadici mai concepiti per far fronte alla malattia mentale (o supposta tale), compresa la lobotomia. La «clientela» è però di lusso, e le architetture dell’ospedale sono eleganti e sontuose come tutto il resto nella serie di Murphy – a partire dalla fotografia quasi plastificata con cui viene inquadrata, fra echi di La donna che visse due volte, la California degli anni Cinquanta, ambientazione ideale di una storia noir ai confini con l’horror come quella di Ratched, che nella scelta degli attori (Paulson, Wittrock, Briones), le ambientazioni e le dinamiche della trama sembra più che altro lo spin off di un’altra serie di Murphy: American Horror Story.

Di un’impassibilità quasi robotica come la sua controparte cinematografica – ma senza emanare neanche lontanamente la minaccia che la permeava – Mildred Ratched è già una donna spregiudicata e «malvagia», disposta a tutto per raggiungere il suo scopo. In lei però albergano sentimenti ancora umani, come quello che la lega a Gwendolyn Briggs (Cynthia Nixon). Nella serie infatti Ratched è dipinta come omosessuale – la repressione della sua natura dovrebbe forse essere una delle «chiavi» per comprendere la sua crudeltà.

La serie si interroga infatti sulle origini del male, su cosa renda le persone dei mostri – non solo la protagonista ma i tanti personaggi che la abitano, che restano però figure bidimensionali di un affresco pretenzioso e solo in parte intenzionalmente kitsch. La ricerca sulle origini del male tradisce inoltre l’essenza stessa dell’infermiera raccontata dal film di Forman (e prima ancora dal libro di Ken Kesey da cui è tratto) come un ingranaggio – e l’incarnazione – dell’inumanità di un sistema, quello psichiatrico, che adombrava la società tutta e la sua impostazione repressiva nei confronti della supposta «devianza».

E se tradire l’opera di partenza non è di per sé sbagliato, la Ratched di Murphy e il suo mondo gotico – con tutto il suo portato di gore e temi «attuali» – resta comunque del tutto inoffensiva.