Sott’acqua mentre esplora gli abissi dell’oceano, circondata dal bianco algido dei paesaggi artici o dal verde delle foreste pluviali, ma soprattutto seduta di fronte ai bambini e agli adulti delle comunità più remote della terra a parlare con loro e ascoltarne le storie, Cristina Mittermeier (Città del Messico 1966, vive nell’isola di Vancouver in Canada) racconta da trent’anni storie che parlano dell’ecosistema globale, delle culture e delle tradizioni degli abitanti del pianeta, testimone di quella bellezza universale e quel senso di meraviglia che considera il mezzo più consono per rendere accessibile la sua riflessione sulla necessità della conservazione.

LA FOTOGRAFIA è lo strumento a cui affida il suo sguardo d’ingegnere biochimico in Scienze Marine, nonché di viaggiatrice indefessa sempre attenta e sensibile – dichiaratamente «ottimista» – come emerge dalla mostra personale Cristina Mittermeier. La grande saggezza, curata da Lauren Johnston, alle Gallerie d’Italia – Torino e organizzata nell’ambito del Progetto Cultura di Intesa Sanpaolo in collaborazione con National Geographic (fino al 1 settembre) con un corpus di circa 90 fotografie in bianco e nero e a colori che abbracciano un periodo che va dal 2005 al 2023 (il catalogo nell’edizione italiana e inglese è pubblicato da Edizioni Gallerie d’Italia/Skira), e la sala immersiva. Inoltre, nel video girato dal fotografo e filmmaker marino Paul Nicklen, co-fondatore insieme a Mittermeier e Andy Mann di SeaLegacy, un’organizzazione con la missione di ripristinare la salute degli oceani, l’autrice si racconta in prima persona.

NUMEROSE FOTOGRAFIE, tra quelle realizzate nel corso del 2023, segnano il ritorno di Cristina Mittermeier in terre per lei già note ma sempre da scoprire, come la Valle dell’Omo in Etiopia dove documenta i Suma e i Mursi (tra gli oltre 16 gruppi etnici locali), spostandosi in Papua Nuova Guinea per ritrarre i Chimba, gli Huli, i Madang eredi di una cultura millenaria che si è preservata nel tempo grazie all’isolamento dell’isola dell’Oceania, coperta da un’impenetrabile foresta tropicale, ma che in tempi più recenti a causa della modernizzazione ha iniziato a disgregarsi. La fotografa si è recata anche nello stato messicano di Oaxaca sulle tracce dei Mestizo, indios discendenti dalla popolazione preispanica.

IL MESSICO, IL SUO PAESE, rimane ancora oggi una fonte di grande ispirazione, considerando anche la sua tradizione artistica declinata in una chiave sociale e politica da artiste e artisti tra i più influenti del XX secolo – Frida Kahlo, Diego Rivera e José Clemente Orozco – e in tempi più recenti dai grandi fotografi Manuel Álvarez Bravo e Graciela Iturbide. Pur viaggiando molto, Cristina Mittermeier non è interessata a «collezionare fotografie», piuttosto a confermare il suo senso di responsabilità attraverso il ruolo di «testimone della storia». «Le immagini possono aiutarci a comprendere l’urgenza chei fotografi avvertono nel proteggere i luoghi selvaggi».

«IL MIO LAVORO MIRA a costruire una maggiore consapevolezza della responsabilità di ciò che significa essere umani. Si tratta di comprendere che la storia di ogni essere vivente che sia mai esistito su questo pianeta vive dentro di noi. Riguarda l’imperativo etico: il promemoria urgente che siamo legati a tutte le altre specie su questo pianeta e che abbiamo il dovere di agire come custodi delle nostre forme di vita simili» Un altro aspetto che ci sottolinea è quello delle connessioni tra i viventi e il pianeta.

«GLI ESSERI UMANI NON SONO creature isolate, ma membri di una società interconnessa. Utilizzare con saggezza le risorse limitate del pianeta è fondamentale per il futuro dell’umanità. La salute degli oceani ha un impatto diretto sul nostro clima, sull’aria e sul cibo che consumiamo» Ma la «grande saggezza» a cui fa riferimento il titolo della mostra è soprattutto quella delle popolazioni indigene che hanno mantenuto intatto il loro rapporto di rispetto verso la natura, tramandandone di generazione in generazione il patrimonio di conoscenze.