Umori misti a suoni, in un progetto musicale sinestetico che sa di spore, di terra, di umido, di microrganismi, di ossido e di funghi. Così Björk Guðmundsdóttir, pluri-espressiva e avanguardista stella islandese (cantante, autrice, attrice, produttrice) si avviluppa nei suoi istinti che le fanno inventare ogni volta un concetto, una estetica e un landscape musicale. Quest’ultimo è concepito in Fossora, che esce oggi, ed è racchiuso nelle sue parole «Ogni album inizia sempre con una sensazione che cerco di trasformare in suono». Connaturato da eventi familiari e dalla lunga sospensione viratica del Covid, Fossora è sintetizzato dalla star così: «Questa volta la sensazione era di atterrare sulla terra e di affondare i miei piedi nel terreno. Era anche intessuto nel modo in cui ho sperimentato l’ora. Una dimensione più intima rispetto al passato, definita «biological techno»Questa volta circa 7 miliardi di noi lo hanno fatto insieme nidificando nelle nostre case, mettendosi in quarantena abbastanza a lungo in un posto da abbattere le radici. Il mio nuovo album Fossora parla di questo. È una parola che mi sono inventata. È il femminile di fossore, quindi significa ‘colei che scava’ (nel terreno). Dal punto di vista sonoro si tratta di bassi, bassi pesanti, abbiamo 6 clarinetti bassi».

SVELATO dunque l’arcano del titolo, Björk si camuffa in una talpa graffiante e disarmonica e scava dentro il sé per ridisegnare un mondo rizosferico (sconosciuto, ancestrale e perturbante) che si dirama nel sottosuolo e che in realtà è l’inconscio collettivo. A cinque anni dalla conturbante miscela di musica avant-garde e folktronica di Utopia (2017) Fossora è la sua dimensione più personale e intimistica. Pubblicato con l’etichetta One Little Independent Records, Fossora è un album nato durante il lockdown ed è, come lei stessa afferma, una sorta di biological techno, termine coniato col duo indonesiano Gabber Modus Operandi (Ican Harem e DJ Kasimyn) che fonde la tradizione musicale balinese con i ritmi punk-gabber occidentali. L’album si compone di 13 tracce in cui si trovano i contributi di Serpentwithfeet, i cori del figlio Sindri Eldon e della figlia, la modella Isadora Bjarkardóttir Barney, avuta con l’artista cult Matthew Barney, oltre ai versi di Látra-Björg, una potente poetessa islandese che si diceva avesse il potere di spostare le montagne e lanciare incantesimi. I due brani Sorrowful Soil e Ancestress sono stati scritti per la mamma, l’ambientalista Hildur Rúna Hauksdóttir (parente dell’eccentrico e geniale artista islandese Ragnar Kijartasson) scomparsa nel 2018 dopo una breve malattia. Fossora è un album contrastante, che ondivaga tra armonie di clarinetti e violenti fragori di musica gabber, tra i suoi acuti distrofici, i suoi elettrizzanti respiri e arrangiamenti orchestrali sinuosi rotti da beats incalzanti.

COSÌ INCEDE Trolla Gabba, quasi un mantra vocale occulto, poi Fagurt Er i Fjordum, una poesia di Látra-Björg e la intensa Her Mothers House scritta insieme alla figlia Isadora, tra accenti spigolosi e suadenti soffi vocali. I tre video appena usciti ne sono il preludio, visto che per Bjork il clip è una forma di rappresentazione autonoma, costituita dalla polifonia di suono-immagine che si compenetrano oniricamente. Atopos che apre l’album è costruito sul ritmo denbow industriale a cui risponde un sestetto di clarinetti bassi. Il termine atopos ha origini classiche, viene dal greco e descrive un essere inclassificabile a causa della propria imprevedibilità e originalità e che, come Björk non sopporta l’omologazione. Il testo è costellato da riferimenti colti a cui titolo si ispira, al concetto socratico di amore, scoperto attraverso il saggio di Roland Barthes Frammenti di un discorso amoroso da cui si evince: «L’altro che amo e che mi affascina è atopos».Gli outfit mirabolanti sono un marchio di fabbrica che non delude mai Atopos è una riflessione sulle relazioni e sulla condivisione empatica ed è una track pop e techno sperimentale, che ricorda i suoi brani dance più elettronici, come Pluto, Wanderlust, Crystalline o Notget. Il video è stato girato in Islanda nel maggio 2022 dal videomaker islandese Viðar Logi, mentre la consulenza creativa è del talentuoso James Merry. Atopos ci fa calare delicatamente sottoterra attraverso primi piani su funghi e spore, creati dallo scenografo Heimir Sverrisson, o realizzati digitalmente dalla tipografia M/M Paris. I clarinetti bassi, con i loro suoni gravi, restituiscono il concetto di terrosità e le note scivolose si reiterano, fondendosi con i suoi sussurri e grida. Le sue dissonanze, le sue devianze, i salti e le vertigini vocali la dirottano sempre in un universo sperimentale quasi indigesto e senza il placet di grandi masse.

DA MIRABILE e sofisticatissima performer (ibrida sempre nei suoi progetti extra-musicali come danza, moda, arte) è abituata a connettere natura e artificio e a mutare prodigiosamente, scalzando trend e imposizioni con orizzonti imprevedibili. Voce, ossigeno, ritmo, violini e lattice. Björk calza, come sempre, outfit mirabolanti che allocano il personaggio in quella cosmogonia fantasmatica che è solo sua. Dall’abito in lattice nero con strass e cristalli e un cappello gigante ovale di Daniel Del Core, slitta in sequenze oscure dove si intravedono solo le scarpe con la zeppa che camminano ritmicamente per poi affondare in questo regno sotterraneo. Björk è una creatura esoterica del sottosuolo, che ostenta le silver nail rings create per lei da Hugo Kreit, mentre il seno è sagomato da una invenzione di Vanebon. I suoi primi piani si impongono come una tavolozza fangosa da cui affiorano occhi e bocca sottolineati dal make up di Hungry.

La redazione consiglia:
Björk, la guarigione passa attraverso un tormentato beatSola e magnifica, come dentro un quadro surrealista, si erge in un outfit improbabile di eco-pelliccia verde acidissimo di Burberry e con il viso contornato da una maschera plissè di Noir Kei Ninomiya. Ovule, è un clip più stereotipato, diretto da Nick Knigh, girato in studio e digitalizzato, con una Björk inguainata in un barocco dress di Alessandro Michele. La sua voce qui assoggetta totalmente l’orchestra che ritorna ad accompagnare i sospiri, gli acuti, le tonalità e i timbri. Infine Ancestress, misterico e pieno di pathos, traslato nel clip del cino-americano Andrew Thomas Huang si distende attraverso una social parade di danzatori svolazzanti e l’orchestra (nascosti dalle maschere bellissime di James Merry) che segue l’incauto viatico di Björk dentro una vallata e stretta in un austero outfit di Alessandro Piccioli. Ma c’è solo la sua voce a dominare su tutto, insidiosa e straniante, irritante o ipnotica, setosa o oltraggiosa. È rumore e suono, cinguettio e strappo.