Intorno al letto di Silvio Berlusconi i politici del centrodestra si pongono due domande e sarebbe sciocco accusarli di cinismo, essendo quei due interrogativi ineludibili: può esistere una Forza Italia senza il Cavaliere o con il Cavaliere costretto a limitare la sua attività a rare e rade comparsate? E poi: può esistere un centrodestra, o almeno questo centrodestra, senza Fi? Ieri i dirigenti azzurri hanno inondato le agenzie di commenti quasi identici: Berlusconi è forte, ce la farà, riprenderà presto il suo posto. Senza averlo mai lasciato, peraltro, avendo ieri mattina parlato al telefono con un dirigente via l’altro: Tajani, Barelli, Gasparri. Più tardi, nel pomeriggio, il Cavaliere ha risposto alle telefonate anche dei due alleati, la premier e Salvini: auguri per la Pasqua e per una pronta guarigione.

Quegli auspici di rapido ritorno al timone sono sinceri ma, soprattutto nelle file forziste, rivelano anche tutto lo smarrimento di un partito incapace anche solo di immaginarsi senza il suo sovrano. La guerra per bande a colpi di codici e codicilli è possibile ma improbabile. C’è lo Statuto che non prevede la figura di coordinatore, l’incarico che fa di Tajani il numero due del partito. C’è l’ovvia necessità di convocare un congresso e a chi spetterà farlo, essendo il ruolo di Tajani statutariamente informale? Gli estremi per una guerriglia suicida forse ci sarebbero ma difficilmente gli azzurri imboccheranno quella rovinosa china.

I problemi seri sono altri: tutti sanno che Tajani, uomo accorto e diplomatico, non ha però la tempra e il carisma necessari per amalgamare tutte le anime di Fi e rifondare il partito di Arcore senza più Arcore. Se il Cavaliere sarà ancora parzialmente in campo Tajani potrà almeno tentare una difficilissima opera di traghettatore, anche se nessuno sa verso quale sponda. Se Berlusconi sarà del tutto fuori gioco anche quell’impresa, comunque disperata, è una chimera. Il secondo problema, per certi versi anche più stringente, sono i quattrini. Berlusconi è stato re e padrone di Fi non solo perché la aveva creata lui ma anche perché dipendeva e dipende dai suoi soldi. Con 90 milioni di debiti garantiti dalle fideiussioni del capo il problemino è quasi insormontabile.

A palazzo Chigi già prevedono l’esodo verso i loro accampamenti: «Gli elettori di Fi verranno tutti da noi». E anche molti eletti ci fanno già qualcosa più di un pensierino. Ma immaginare il travaso di voti da un partito la cui base elettorale è strutturalmente diversa da quella dei Tricolori, significa esagerare in ottimismo, proprio come lo è per molti dirigenti azzurri soprattutto di seconda e terza fila, sognare un comodo riparo nel partito di Meloni. Ci vorrà un po’, perché a pochi mesi dalle elezioni tutti tengono a conservarsi il posto, ma con l’uscita di scena del capo, repentina o progressiva che sia, la sua creatura politica sembra destinata, salvo miracoli, alla diaspora di elettori ed eletti: verso FdI, verso la Lega, verso il Terzo Polo, verso il ritiro a vita privata.

Nei partiti alleati ne sono ovviamente consapevoli ma non se ne fanno un cruccio. In area palazzo Chigi, anzi, senza gli incontrollabili affondi “putiniani” del Cavaliere, che in Europa hanno creato imbarazzo in quantità, le cose potrebbero rivelarsi più facili. La premier, poi, ha sempre vissuto con malcelato fastidio il primato morale reclamato dal fondatore della destra e suffragato dalla sua impareggiabile notorietà nel mondo. È possibile però che il calcolo sia miope. Nei delicati equilibri della maggioranza il ruolo di Berlusconi è oggi fondamentale. Fa da cuscinetto tra due leader che in realtà si detestano e può farlo sia in virtù del suo ruolo storico sia perché è l’unico tra i tre leader a non competere sullo stesso terreno degli altri, quello truculento della “destra radicale”. Senza Berlusconi di mezzo i due non tarderebbero a fare scintille. È vero però che quella postazione centrale, pur con l’handicap di un partito ben poco adeguato, sta cercando di occuparla proprio Giorgia Meloni. In fondo l’unica pretendente al trono di re Silvio con qualche carta da giocare è proprio lei.