Marta Fontana, veneta di nascita ma carlofortina di adozione, con l’opera monumentale «Formiche di mare» ricombina i segni di una epopea, quella dei galanzieri, generando antichi ed al contempo nuovi significati. In dialogo col porto dell’isola e l’antistante teatro «Cavallera» l’artista propone lo scheletro di una bilancella, imbarcazione tipica dell’isola di San Pietro, che i galanzieri utilizzavano per trasportare la galena, in dialetto «galanza», solfato di piombo estratto tra l’800 e il ‘900 dai minatori del Sulcis Iglesiente e Guspinese, che poi scaricavano nei magazzini di Carloforte. Dall’isola il minerale veniva successivamente caricato su grossi bastimenti con destinazione il continente, dove veniva lavorato.

I galanzieri partivano a notte fonda carichi di carbone e, se non c’era vento, dovevano remare per ore ed ore. Arrivati a destinazione (il porto più vicino era Portoscuso a sei miglia, quello più lontano a Piscinas, a 40 miglia) riempivano di galena le «coffe», portate rigorosamente a spalla, che potevano contenere fino a 50 kg di minerale. Un peso, spesso causa di deformazioni ossee tra collo e spalla, col quale i galanzieri dovevano camminare in bilico su lunghe e instabili tavole di legno.

A questi lavoratori dunque il comune di Carloforte, insieme a Fondazione di Sardegna e Fondazione Cammino Minerario di Santa Barbara, dedica la monumentale opera d’arte pubblica lunga ben 22 metri, che sarà inaugurata domani mattina 30 giugno alle 11 sull’antico molo San Carlo, presenti il sindaco Stefano Rombi e l’artista Marta Fontana. All’interno del cineteatro Cavallera prenderà poi la parola il curatore Efisio Carbone, quindi in programma la proiezione del documentario, realizzato da Società Umanitaria – Fabbrica del Cinema, SBIS, che ha ripreso le diverse fasi di esecuzione dell’installazione e le testimonianze dei sindaci dei comuni minerari costieri rilasciate nel corso della traversata, effettuata lo scorso 16 maggio, con l’unica bilancella originale rimasta nell’isola.

Tra i numerosi interventi anche quello della Società Cooperativa Casa del Proletariato, sulle leghe dei battellieri e su Giuseppe Cavallera, medico piemontese e leader socialista che fondò, con l’aiuto dei carlofortini, la prima lega di battellieri e stivatori, antesignana di organizzazioni operaie e sindacali. «Il lavoro dei galanzieri determinò una frenetica attività e vitalità sull’isola, ma anche battaglie sociali importantissime per la crescita della consapevolezza dei loro diritti- spiega Marta Fontana- il mio intervento artistico ha coinvolto maestranze, saperi, tracce, materiali, persone, luoghi legati a questo complesso periodo e al sistema di lavoro inerente allo scavo e al trasporto del minerale».

L’installazione ricrea l’ossatura stilizzata di una bilancella ed è composta da più elementi distribuiti nello spazio del molo. Il «monumento» accompagna i passanti lungo un percorso che attinge a materiali e forme della memoria storica e visiva della collettività.

Le nove forcelle d’acciaio allineate in direzione del mare, sono state realizzate con la collaborazione di alcuni maestri d’ascia locali, ultimi detentori dell’antico sapere legato alla costruzione delle imbarcazioni in legno. L’insieme di ordinate crea una successione di elementi indipendenti l’uno dall’altro, in modo tale che si possa attraversare l’installazione, percorrerla, abitarla.

Un impluvium inciso nel terreno segue l’installazione, si tratta di una canaletta in corten con scolo nascosto in contropendenza, e rappresenta il solco lasciato sulla roccia dal movimento con cui si trascinava una barca a riva, in secca. Allo stesso tempo lo scolo interno all’impluvium, in una sorta di contro-movimento, porta verso il mare l’acqua piovana, ricordando così il movimento con cui la stessa barca veniva riportata in acqua.

Al suo interno sono stati lasciati residui di lavorazione della galena e frammenti di galena pura, a ricordo del lungo nastro delle cernitrici, testimoni del lavoro minerario femminile.
Una panchina, a lato dell’installazione principale, richiama le rozze tavole di legno su cui si muovevano i lavoratori. Un effetto accentuato da una sorta di rampa -sempre in Corten- che dalla panchina poggia a terra e che vuole far provare ai visitatori l’esperienza della camminata del galanziere, sempre ondeggiante e in bilico. Infine l’artista ha aggiunto un masso grezzo di calcare in cui è stato scolpito lo spigolo di un cubo tagliato emergente, che richiama la struttura chimica cubica del minerale.

Il masso proviene dalla cava di Terraseo, è stato donato dalla Fondazione Cammino Minerario di Santa Barbara, ed è stato trasportato sino al molo dal porto di Buggerru a Carloforte tramite una bilancella. Come dichiara Efisio Carbone, l’installazione non è un semplice monumento ma una interpretazione del ruolo dei monumenti contemporanei che non si limitano a commemorare il passato ma lo riportano in vita stimolando la riflessione e il dialogo nel presente.