Se dei pregiudicati possono andare in Parlamento e votare riforme, leggi e finanziarie, perché non potrebbero iscriversi all’Associazione nazionale operatori di polizia e agire con auto, tesserini e giubbetti del tutto simili a quelli in uso alle forze dell’ordine praticando un controllo del territorio pressoché totale? Sembra una di quelle storie estive che lasciano increduli.

Invece è accaduto a Formia, comune del Sud pontino nel quale recentemente è stato ucciso l’avvocato Piccolino. Nella mattinata del 4 agosto sono scattate le perquisizioni ad opera della polizia di Stato nella sede del comune di Formia dell’Associazione nazionale operatori di polizia, dando esecuzione ai decreti di perquisizione e sequestro nei confronti di quattro persone titolari di varie cariche nella sezione locale dell’associazione; le ipotesi di reato sono di false attestazioni a pubblico ufficiale e usurpazione di titolo.

Le indagini, condotte congiuntamente dalla Digos della questura di Latina e dal commissariato di Formia, su delega della procura di Cassino, sono scaturite da alcuni articoli di giornali e da notizie apprese su siti internet. Sin qui sembra cosa di poco conto ma a guardar bene il cursus honorum dei quattro soggetti e i loro cognomi c’è da rimanere increduli.

La sezione formiana dell’associazione era infatti presieduta da tale Ernesto Bardellino, fratello di Antonio, ritenuto fondatore del clan dei Casalesi, da tempo residente a Formia con la sua famiglia. Una figura al centro delle cronache locali e nazionali, ascoltato dagli ispettori anche recentemente in seguito proprio all’omicidio dell’avvocato Piccolino di Formia. Lo stesso Ernesto Bardellino che si è presentato recentemente in consiglio comunale sedendo in prima fila. Una presenza inquietante che ad alcuni ha fatto pensare ad un messaggio, neanche troppo velato, di sfida alle istituzioni locali.

La questura ha diramato un comunicato che lascia poco spazio a fraintendimenti: «La circostanza che un esponente del clan dei Casalesi, fratello del fondatore della nota consorteria criminale campana, già sorvegliato speciale ed attualmente indagato per altri reati, fosse presidente di una sezione cittadina di una associazione che nella denominazione conteneva il titolo “operatori di polizia”, aveva immediatamente fatto sospettare qualche manovra illegale che necessitasse dei dovuti approfondimenti investigativi».

Dalle prime indagini è subito emerso che a far parte della sezione formiana dell’associazione fossero anche altri soggetti, oltre a Bardellino, anch’essi con pesanti precedenti di polizia. Pregiudicati che amavano possedere tesserini assai simili a quelli in uso alle forze dell’ordine, auto «di servizio», giubbetti che potevano confondersi con quelli della polizia e altro materiale usato per controllare il territorio.

Tutti gli affiliati all’associazione avevano peraltro reso dichiarazioni alla pubblica amministrazione sulla loro verginità penale da cui la possibilità di svolgere attività di controllo e pubblica sicurezza. Tutto chiaramente falso. Tra loro pare vi fossero personaggi ben collegati con le amministrazioni pubbliche; collegamenti strumentali per agire con titoli impropri per controllare un territorio già esposto a mafie e criminalità di varia natura. Non paghi della loro condotta associativa, alcuni sedicenti referenti dell’associazione a livello locale avrebbero «più volte cercato di accreditarsi presso l’amministrazione comunale volendo espletare funzioni di Protezione civile e di controllo del territorio, spendendo illecitamente il titolo di operatori di polizia».

Intanto sono scattate le prima informazioni di garanzia per i 4 indagati e le relative perquisizioni che hanno permesso di rinvenire e sequestrare tesserini e documentazione. Sembra la rivisitazione in chiave moderna del famoso gioco «guardia e ladri». Solo che in questo caso i ladri erano vestiti da guardie e usavano i loro tesserini e automobili liberamente. Una vergogna per fortuna terminata grazie alla capacità investigativa degli agenti di polizia, quelli veri.