Se pensate a un disco sicuro, calmo e rilassato, siete completamente fuori strada. Flying Lotus oggi ha qualche chilo in più, qualche ruga in più, qualche filo bianco tra i capelli. Però è sempre così devastante, dissacrante nella sua musica. Se il nuovo hip hop è nelle mani di Kendrick Lamar, il nuovo jazz in quelle di Kamasi Washington, a FlyLo è rimasto un ampio spazio sonoro di cui impossessarsi. Più di nicchia, ma a lui piace così. E lo ha fatto bene, riuscendo in qualche modo a chiudere quella linea immaginaria della nuova scena afroamericana che ricongiunge i due,continuando a promuovere se stesso nei panni di producer e consigliere, ma centellinando i suoi lavori in studio. In effetti sono molto attesi i suoi album, e del resto è bravo a mostrarsi ma non troppo.

PRONIPOTE di Alice Coltrane, nipote della cantante e cantautrice Marilyn McLeod che compose Love Hangover di Diana Ross, introverso e mai pienamente soddisfatto del suo operato, pubblica in questi giorni il mastodontico album Flamagra, ben 27 tracce dai sapori e i ritmi più disparati. Steve Ellison, questo il nome di battesimo, ha assimilato la lezione del jazz west coast, i concetti base che hanno fondato l’ondata free jazz almeno quanto tutto ciò che proviene dal mondo dell’hip hop. Ad ascoltare Flamagra tutto di seguito si ha la sensazione ci siano tantissime cose lì dentro. Con neanche troppa attenzione si scopre presto la cura del dettaglio, l’eleganza formale, la capacità di saper comporre musica come fosse in ambito classico, di improvvisare, lui stesso come i personaggi che lo circondano, come fosse un jazzman. E di adattare il suo studio a ritmiche tipicamente nere.

FRAMMENTA i testi, seziona la musica, non concede punti di riferimento con un incedere onnivoro e variegato. Flamagra, come diversi altri dischi che lo hanno proceduto, ha un incedere quasi tragico, un lato oscuro, un dietro le quinte lucido e coraggioso che svela una musica dissacrante, irriverente e un bel po’ tormentata, angosciata. Inquietante.

AL PUNTO da convincere persino uno come David Lynch a regalargli primo video e partecipazione al singolo che ha anticipato questo lavoro. Ha 36 anni, da bambini imparò presto a suonare il pianoforte, è ricorrente nella sua estetica, come in gran parte dei suoi coetani dell’area di Los Angeles a cui appartiene, circondarsi di fedeli collaboratori. Qui ce ne sono molti, di generazioni differenti: dal veterano George Clinton ai più giovani Anderson .Paak, Toro y Moi, l’onnipresente Thundercat e molti, molti altri.
Ognuno di loro dà un contributo importante ma tutti si sono un po’ spersonalizzati pur di far parte a questo progetto.