Uno spreco incredibile, di cui solo un Paese distratto e trascurato come spesso sa essere il nostro può essere capace: ci sono ancora oggi, specie nel Sud, ettari ed ettari di terra incolti. Che potrebbero, se messi a frutto, rilanciare le economie locali, dare lavoro a molte persone, assicurare alimenti genuini a chilometro zero. E anche migliorare il paesaggio: perché verde e coltivazioni vogliono dire meno incendi e un ambiente che migliora, prima di tutto visivamente. Una proposta di legge regionale, presentata dalla Flai Cgil di Palermo qualche giorno fa, ha aperto gli occhi su un vero e proprio “tesoro” ancora sommerso per i siciliani: e potrebbe ispirare tante altre regioni italiane.

Una delegazione di lavoratori dell’agroindustria, capitanata dalla segretaria generale Flai Stefania Crogi, ha piantato simbolicamente un ulivo a Borgo Borzellino, nelle campagne tra Camporeale e San Cipirrello, nel palermitano. I sindacalisti hanno “occupato” un terreno abbandonato dell’Esa (ente di sviluppo agricolo regionale), hanno tolto le erbacce, sistemato l’alberello di un metro e ottanta e lo hanno innaffiato. Un gesto quasi insignificante, se paragonato ai milioni di euro movimentati dalla mafia con il traffico della droga e gli appalti, ma che se fosse replicato molte e molte altre volte potrebbe significare tantissimo.

La proposta di legge, presentata dunque all’amministrazione Crocetta, prevede che i terreni oggi incolti, proprietà del demanio o dei diversi enti pubblici, o confiscati alla mafia, o ancora non assegnati dalla riforma agraria (misteri della burocrazia gattopardesca), possano essere assegnati con gare pubbliche a imprese o cooperative che abbiano finalità sociali: ovvero che impieghino almeno il 50% di lavoratori svantaggiati o disoccupati di lunga durata. Anzi, la stessa Regione Sicilia dovrebbe creare condizioni di favore – dice ancora la proposta – per la creazione di cooperative con queste caratteristiche.

Questo particolare tipo di impresa si chiama “cooperativa agricola sociale”, e ha almeno una doppia finalità: non solo reinserire al lavoro soggetti svantaggiati, ma anche puntare su un’agricoltura “sostenibile”, ovvero a basso impatto sull’ambiente, bio e con prodotti distribuiti “a chilometro zero” (cioè che facciano a meno di intermediari e siano distribuiti immediatamente al dettaglio, così da evitare inquinamento, infiltrazioni criminali e ingiustificati rincari).

Si istituirà presso la Regione un Banco della Terra, che terrà l’inventario dei terreni disponibili e sarà costantemente informato dai Comuni che indicono i bandi. Il 30% dei terreni dell’inventario dovrà essere assegnato in via esclusiva alle cooperative agricole sociali. Inoltre, Regione e Comuni dovranno incentivare le produzioni bio e sostenibili, rigorosamente “local”: latticini e salumi, miele e propoli, conserve e marmellate, uova, funghi, castagne, cereali e pane.