Sui tabloid, e spesso anche nell’immaginario dei fan, una rockstar è un mistero da svelare, una maschera da sollevare in cerca di un’intimità impossibile con la persona. Un equivoco in cui incorre, senza troppa ingenuità, anche Five Foot Two, il documentario Netflix di Chris Moukarbel su Lady Gaga che la segue durante la promozione del suo ultimo album Joanne (2016) dedicato alla zia mai conosciuta perché morta di lupus a soli 19 anni.

Il documentaruo si confronta con l’eterno dilemma della superstar: la linea di confine tra persona pubblica e privata, tra maschera e realtà, e soprattutto tra fama mondiale e solitudine. Gaga fa sua la «massima» di Janis Joplin e dice alle telecamere che di tutte le persone che le parlano e la toccano durante il giorno nessuna è con lei durante la notte, quando «il silenzio è totale».

Nel corso del doc, che la segue nell’intimità della sua casa o di quella della nonna, durante le interviste, le session di registrazione con il produttore Mark Ronson o durante la preparazione del concerto del Super Bowl 2017, Lady Gaga si offre alla macchina da presa anche in momenti privati e di debolezza fisica (i dolori per la fibromalgia che l’hanno portata di recente a posticipare il tour) e psicologica, in quella che chiaramente vuole presentare al pubblico come una fase di svolta della sua carriera.

Archiviati i travestimenti e le provocazioni («Non ho più bisogno di un milione di parrucche per fare un’affermazione», dice) la musicista di fama mondiale, alla soglia dei trent’anni, ci dice che non ha più bisogno di nascondersi.
Le sue lacrime o le conversazioni con gli amici più intimi danno però solo l’illusione di sollevare la maschera, di restituire una qualche verità su Stefani Germanotta aka Lady Gaga, di avvicinare lo spettatore alla sua persona in quella che è in realtà un’operazione controllatissima non solo dal regista ma dalla stessa musicista, che si presta al gioco della finta vicinanza ma non rivela altro che un’idea preconcetta del «male di vivere» della rockstar e dell’alone di mistero che la circonda. Nell’illusione ulteriore che ci sia un valore intrinseco nella «verità» da svelare, nell’identità da denudare piuttosto che nell’inavvicinabile mistero riflesso su una maschera.