Il guru finanziario del renzismo dice che uno sciopero è un costo e pertanto ne andrebbe limitato l’uso. Più costi, uguale meno guadagni e quindi meno investimenti. Vediamo da quale pulpito viene questa tesi.

Davide Serra come noto è stato il maggiore estimatore-sponsor di Matteo Renzi fin dalla Leopolda n.1. È il fondatore del fondo speculativo Algebris Investments e lavora per le banche. La sede ufficiale della sua società è in Clifford Street W1S 2FT a Londra, con succursali (diciamo noi con documenti alla mano) in Rue de la Poste n. 20, 2346 a Lussemburgo e presso la Corporation Trust Company in Orange Street n.1209 a Wilmington; quest’ultima è la capitale dello Stato del Delaware, ritenuto negli ambienti finanziari il paradiso fiscale negli Usa.

La scarsa trasparenza degli affari di Algebris era emersa due anni fa con un articolo del Corriere della Sera firmato da Stefano Agnoli; la vicenda è sfociata in querele e controquerele tra il finanziere e il quotidiano.

La parte più controversa riguardava il ruolo della Algebris Investments Ltd delle isole Cayman. Secondo il Corriere la società “caymana” controllava l’omonima ditta londinese, mentre nella smentita ufficiale quest’ultima specificava che quella residente nel paradiso fiscale era semplicemente di proprietà di Davide Serra. Dunque le due cose erano distinte, visto che in Inghilterra gestori e partners di Algebris Investments, nonché lo stesso Serra, pagavano fior di tasse.

Un po’ come dire che le nuvole non hanno niente a che fare con la pioggia.

A quanto ci risulta invece la Algebris londinese è interamente controllata dalla Algebris Investments Limited delle Cayman. Una società che ha sede presso la Ugland House (codice postale KY1-1104) a George Town, cioè in un edificio che secondo Wikipedia ospita quasi 19mila società straniere, tra le quali «molti importanti fondi di investimento, joint venture internazionali ed emittenti del mercato dei capitali». L’edificio è occupato dallo studio legale Maple & Calder che tra le altre rappresentava a suo tempo la Parmalat di Tanzi. Il numero così elevato di imprese con sede in quell’edificio aveva destato i sospetti di Obama; poi lo scorso anno il presidente americano ha nominato Segretario del Tesoro l’avvocato Jack Lew, titolare di molte società con sede in Ugland House.

Ad affermare che la Algebris londinese è controllata da quella “caymana” non siamo noi ma i rapporti ufficiali della stessa società e delle sue controllate. Tra l’altro li abbiamo confrontati dal sito ufficiale di Algebris.

La questione è di grande attualità per le vicende della Leopolda e non solo.

Non più tardi di un mese e mezzo fa (il 10 settembre) la più “capiente” agenzia d’informazione degli Stati Uniti, la Bloomberg – Businessweek (associata al gruppo Espresso), ha diffuso la notizia in base alla quale la Algebris di Davide Serra aveva in programma di acquistare 400 milioni di euro per crediti non-peforming (cioè con scarsissime possibilità di recupero degli interessi e del capitale prestato).

Crediti che alcune banche italiane si preparavano a vendere. Si tratta di una tipica operazione di speculazione finanziaria dove questi crediti fin troppo evidentemente inesigibili (magari perché il debitore-imprenditore nel frattempo è fallito o si è suicidato), vengono riproposti sulla piazza finanziaria come pesce fresco appena pescato.

Sostanzialmente queste operazioni infra-bancarie, quasi sempre compiute nel mercato finanziario ombra (detto Over the Counter) servono a far risultare che dei cadaveri creditizi, sempre sotto il profilo finanziario, lottano e vivono insieme a noi. In sostanza è la finanza che si autoalimenta di finanza, scaricando sui debitori delle stesse banche, primo tra tutti lo Stato Italiano, la propria insostenibilità. Si tratta della stessa ingegneria finanziaria, basata su operazioni sottostanti a strumenti derivati, che ha messo in ginocchio l’economia mondiale nel 2008. Algebris, com’è suo solito, promette un rendimento altissimo: il 15% su base annua.

Nel nostro paese, afferma l’Agenzia Bloomberg – Businessweek, le attività di speculazione si sono praticamente fermate dopo che la finanza tossica ha dovuto smaltire le posizioni problematiche in Irlanda e in Spagna. Paesi dove i finanzieri d’assalto hanno dovuto arretrare le proprie posizioni a causa dell’introduzione di misure anti-speculative (efficaci però solo per il breve periodo). Nonostante il fatto che lo stesso Serra si dica favorevole all’aumento delle tasse sulle transazioni finanziarie nel nostro paese, l’attuale governo del suo “fido” Renzi si muove nella direzione contraria. Algebris dice che l’operazione è “guidata” (driven in inglese) dalla Banca centrale europea di Mario Draghi.

L’operazione in questione è una revisione aggiornata sullo stato delle partite effettivamente attive (cioè che potenzialmente possono essere produttrici di utili) in mano alle principali banche europee. A novembre la Bce dovrebbe iniziare la supervisione delle maggiori 15 banche italiane.

Si stima che saranno necessari 56 miliardi per riallineare gli standard dei nostri istituti di credito ai parametri internazionali sulla capitalizzazione. Se questi parametri non verranno rispettati, automaticamente le banche in osservazione si troveranno in grave difficoltà e di conseguenza i loro debitori. La Troika si stabilirà anche a Roma dopo Atene e Madrid? È probabile.

Avendo queste banche in pancia buona parte del debito pubblico italiano, ecco che il nostro paese si trova sull’orlo del baratro finanziario. A meno che l’«effetto Serra» non produca il momentaneo miracolo di alleggerire i crediti inesigibili e che non aumentino i “costi” del sistema Italia: tipo gli scioperi.

Bloomberg – Businessweek precisa che il signor Serra si è rifiutato di commentare la notizia.