Una commissione di inchiesta sulla gestione dell’emergenza da parte del governo? Sul modello del lavoro fatto dal senato francese che ha steso un rapporto in buona misura critico sui tempi e le modalità della reazione dell’esecutivo di Parigi al Covid, oltre che sul ricorso alle task force? L’idea non piace molto al presidente italiano della camera. «Non amo l’idea di una commissione di inchiesta, si potrebbe pensare a un comitato di altro tipo. Io dico che il parlamento ha già tutti gli strumenti».

Incontrando ieri la stampa parlamentare per gli auguri di natale, Roberto Fico è tornato a definire il parlamento «la task force dei cittadini italiani». E alle domande sul ruolo delle camere in una fase in cui l’esecutivo va avanti a decreti legge e dpcm ha risposto: «Non c’è un atto del governo che non venga votato dal parlamento e qualsiasi cosa deve passare da un voto delle camere». Il che è vero per i decreti, anche se quasi sempre il voto è un voto di fiducia, ma non è vero per i dpcm per i quali è stata introdotta la possibilità del parlamento di votare un indirizzo. Ma non sempre a questa previsione è stato dato seguito.

Quanto alla possibilità per l’opposizione di essere coinvolta cominciando dalla fase di programmazione dei lavori – da nove mesi i tempi sono dettati dalle scadenze dei decreti -, Fico è tornato sulla sua proposta di riunire la conferenza dei capigruppo congiunta, camera e senato.

Proposta avanzata circa un mese fa dopo un colloquio di Fico e della presidente Casellati al Quirinale, che però non ha fatto un passo in avanti. «Con la presidente del senato non siamo ancora arrivati a un punto di caduta sullo strumento migliore, a inizio gennaio tratteremo di nuovo l’argomento». Non è un mistero che a Casellati la proposta di Fico non piaccia, tanto che ha affidato alla prima commissione del senato una ricognizione sugli strumenti alternativi. Terminato con la proposta di istituire una commissione parlamentare di «controllo e verifica».