«Migration pact, il patto globale per le migrazioni, significa che l’immigrazione è una problematica globale. Ogni stato deve fare la sua parte. L’Onu è una sede di dialogo e l’Italia si deve inserire in un meccanismo internazionale di dialogo».

FEDELE AL SUO PERSONAGGIO, il presidente della camera Roberto Fico si presenta con pochi appunti alla Sala della Lupa per lo scambio di auguri di fine anno con la stampa parlamentare. Per lo più va a braccio.

Del resto i temi che affronta sono i suoi cavalli di battaglia. Questioni di valenza civile, quasi un’agenda politica della presidenza di Montecitorio, scelta inaugurata dalla sua predecessora Boldrini. A volte diventano il controcanto, almeno a parole, dell’azione – invece concretissima – del governo. Migranti, Giulio Regeni, antisovranismo, Europa, No tav, conflitto di interessi (quest’ultimo «va fatto, è nel programma di governo, non una legge solo riferita a Berlusconi o a Mediaset ma a tutta la vita pubblica del Paese»).

SULL’INCHIESTA SULLA MORTE di Regeni Fico ricorda la chiusura dei rapporti fra la camera italiana e quella egiziana: «Dopo il gesto coraggioso della procura di Roma ho sentito l’obbligo di farlo, condiviso da tutti i gruppi. Ora mi aspetto evoluzioni da parte della procura del Cairo». Quanto all’Europa, il presidente si professa spinelliano: «L’Europa cresce insieme ai diritti. L’Unione si sta trasformando. Chi non vede che c’è qualche problema fa il male dell’Ue. Dico sì a una Europa unita, solidale, che collabora», dice e all’indirizzo dell’alleato leghista: «I grandi sovranismi non mi sembra che abbiano poi così tante risposte».

POI CI SONO LE PIAZZE. Come quella Sì Tav di Torino che il giorno prima la presidente del senato Casellati aveva indicato a modello di nuova partecipazione. «Amo le piazze piene e le manifestazioni non violente» quindi «benissimo sia le piazze sì Tav, sia quelle no Tav. Poi non è che con il mio ruolo non ho più la mia idea sulla Tav» anzi «il mio no è rafforzato: i flussi progettati allora, come quello sul ferro, che era di 17 milioni di tonnellate originariamente, di 8 milioni negli anni 90. Ora siamo i a 3 milioni, meno che nel 1994. La Torino-Lione sulla base di quei dati non serve più. E comunque non è una priorità».

FIN QUI IL COPIONE del grillino di sinistra è seguito a braccio ma senza stecche. La musica cambia quando, a una domanda diretta del presidente dei cronisti parlamentari Marco Di Fonzo, si apre il dossier sui fondi all’editoria. Fin qui Fico era rimasto allineato alla linea Grillo-Casaleggio, quella della cancellazione di ogni forma di sostegno all’editoria no profit che, aveva detto, «ha generato mostri».

STAVOLTA FICO dettaglia meglio e finisce per smarcarsi dalla furia distruttrice dei 5 stelle. «I finanziamenti all’editoria hanno creato un flusso economico in parte ingiusto e ingiustificato», ragiona, ma – c’è un “ma” per fortuna – «questo non significa che le piccole cooperative e i piccoli giornali non debbano essere aiutati dallo Stato», «Bisogna comprendere come andare nella giusta direzione, ripulire alcune situazioni e dare una mano a determinate altre».

PIÙ TARDI, AL BRINDISI con i cronisti – che quest’anno ha un invito esplicito anche per i fotografi, i cameraman e i videomaker accreditati – non si sottrae alle domande del manifesto. Anche perché, racconta, «io il manifesto l’ho sempre letto e finanziato. Ho sempre comprato tutti i numeri a 50 euro. È il giornale a cui sono più affezionato, il mio giornale. I titoli migliori, le foto più belle. Lo leggevo sempre quando facevo l’università a Trieste» dove nel 2001 si è laureato in scienze della comunicazione con una tesi su «Identità sociale e linguistica della musica neomelodica napoletana».

E PERÒ OGGI FICO è un esponente della maggioranza giallo-verde che abbatte la sua mannaia sui fondi per il pluralismo e proprio contro testate no profit come il manifesto, Radio Radicale e Avvenire. «La questione è complessa», risponde, «Credo che per prima cosa si debba tirare una linea di demarcazione con il sistema che c’era prima, cosa che il movimento (M5S, ndr) ha detto chiaramente in campagna elettorale. Ma i tagli della finanziaria sono progressivi. Quindi, grazie a questa progressività, l’anno prossimo si può avere il tempo di immaginare un tavolo con il sottosegretario Crimi». Un’idea tutta da costruire, con il rischio di arrivare tardi e a babbo morto, cioè a testate già azzoppate. Sempreché la parte del presidente non sia solo un copione da recitare per placare i malumori dell’ala «sinistra» del M5S.