Fiat risparmia su vari fronti, non solo tira sul salario limitando l’aumento a 15 euro lordi, ma cerca in tutti i modi di pagare meno tasse. E non si limita soltanto a scegliere il paese più favorevole come sede fiscale – senza andare troppo lontano, non c’è bisogno di isole esotiche per trovare paradisi fiscali che esistono anche all’interno della Ue – ma negozia un ulteriore sconto con le autorità del posto. E’ su questo angolo di attacco che la Commissione europea ha aperto ieri un’inchiesta su tre paesi – Irlanda, Olanda e Lussemburgo (quest’ultimo colpito anche da una procedura di infrazione per essersi sottratto agli obblighi e aver fornito “poche informazioni e di cattiva qualità” a Bruxelles). Le aziende implicate nell’inchiesta sono Fiat Finance and Trade (che fornisce servizi di tesoreria al gruppo), Apple e Starbucks. Le indagini riguardano le decisioni prese dalle autorità fiscali in Irlanda a favore di Apple, quelle dell’Olanda nei confronti di Starbucks e il Lussemburgo per Fiat Trade. “Abbiamo ragioni per credere che in questi casi particolari le autorità nazionali abbiano rinunciato a tassare una parte dei profitti”, ha spiegato Joaquim Almunia, commissario alla concorrenza. Un anno fa, anche Google era finita nel mirino della commissione, per queste pratiche fiscali aggressive.

La Commissione non mette in discussione i rispettivi regimi fiscali di questi tre paesi, perché non ne ha il potere, visto che l’armonizzazione fiscale nella Ue non esiste e le decisioni in questo campo sono prese solo all’unanimità dei 28. Esistono difatti differenze notevoli, per esempio in Irlanda la tassa sulle società è al 12,5%, mentre in Francia supera il 33% (con una media Ue del 23%). L’inchiesta della Commissione riguarda delle pratiche specifiche, in particolare il “tax ruling”, che permette a una società di chiedere preventivamente come verrà trattata la sua situazione dall’amministrazione del paese scelto come sede e di ottenere delle garanzie giuridiche per un trattamento di favore, per avere cioè degli sconti fiscali ad hoc. La legislazione europea non puo’ combattere contro i paradisi fiscali interni, ma serve per difendere le regole del mercato unico: un vantaggio fiscale, negoziato da una società, puo’ venire assimilato a un “aiuto di stato”, quindi illegale, di cui la Commissione puo’ chiedere il rimborso. “La concorrenza fiscale leale è essenziale per garantire l’integrità del mercato unico, la viabilità delle finanze pubbliche degli stati membri e condizioni di concorrenza eguali per le imprese”, ha ricordato Algiras Semeta, commissario alle questioni fiscali. Per il commissario Almunia, la Ue ha diritto ad intervenire se si tratta di distorsione della concorrenza. Alcuni suoi predecessori – ha citato Karel Van Miert, Mario Monti e Neelie Kroes – hanno agito in questo modo nel passato. Ma Dublino non accetta: “l’Irlanda si riserva la possibilità di rivolgersi alla giustizia europea”, ha annunciato il governo irlandese, per contestare l’eventuale multa. Un anno fa, l’allora primo ministro lussemburghese, Jean-Claude Juncker (oggi candidato alla presidenza della Commissione) si era detto “poco preoccupato” dalle minacce di inchiesta di Bruxelles. Ieri, Fiat ha rifiutato di commentare la situazione, mentre Starbucks e il governo olandese da un lato e Apple e il governo irlandese dall’altro hanno smentito ogni ricorso a pratiche contrarie alle regole europee. “Rispettiamo tutte le leggi”, affermano e “non abbiamo beneficiato di nessun trattamento d favore”. La Commissione interviene anche perché “nel contesto attuale di restrizioni di bilancio è particolarmente importante che le grandi multinazionali paghino la giusta parte delle imposte”, ha affermato Almunia. Apple è già finita sotto osservazione anche negli Usa, dove il parlamento ha aperto un’inchiesta sull’ottimizzazione fiscale, per aver trasferito utili nella sua filiale con sede in Irlanda, evitando cosi’ le tasse Usa. La concorrenza e il dumping fiscale minano la costruzione europea. Un esempio è stato ieri lo sciopero europeo dei taxi contro le “automobili di turismo con autista”: i taxisti francesi accusano tra l’altro questo sevizio concorrenziale di essere affiliato alla società californiana Uber, che non paga le tasse nel paese dove opera, ma realizza un’ottimizzazione fiscale grazie alla sede in Olanda.