Trovare polizia e carabinieri ai cancelli del Giambattista Vico, lo stabilimento Fiat di Pomigliano d’Arco, sta diventando un’abitudine. Ieri le forze dell’ordine erano di nuovo ai varchi per dare una mano alla vigilanza privata del Lingotto, come avevano già fatto a giugno in occasione dei due sabati lavorativi di recupero. Questa volta non si è trattato di scortare gli operai dentro, il pericolo per l’ordine pubblico arrivava da un centinaio di cassaintegrati, tra cui iscritti alla Fiom e allo Slai Cobas, che chiedevano di partecipare all’assemblea indetta dai sindacati firmatari in gran fretta, a una settimana dalla sentenza della Consulta che riporterà nei confini aziendali le sigle sgradite alla Fiat.
Per nominare le Rsa bisognerà attendere che la sentenza venga depositata, ma intanto i lavoratori chiedevano di partecipare. Una prassi tutt’altro che insolita, «prevista dallo Statuto dei lavoratori» sottolinea lo Slai Cobas che annuncia «azioni a tutela» del diritto sindacale. Una prassi seguita lunedì scorso alla Pcma Magneti Marelli di Napoli, fabbrica del gruppo Fiat, dove l’assemblea si è tenuta a ridosso dei cancelli, per permettere la partecipazione più ampia possibile, ma lì la battaglia per conservare i 720 posti di lavoro è unitaria.

Al Giambattista Vico, invece, ci sono i sindacati «firmatutto» (Fim, Uilm, Fismic e Ugl), come sono stati ribattezzati. Ieri c’erano anche gli esponenti delle segreterie nazionali per discutere del rinnovo del contratto specifico di lavoro e dell’ipotesi di una piattaforma di secondo livello legata alla redditività degli stabilimenti. Entusiasta Giuseppe Terracciano, della Fim Cisl partenopea: «Stamattina c’è stata un’assemblea molto sentita e partecipata. Non ci sottraiamo al confronto con le altre sigle, ma questo non può avvenire tramite i tribunali. Bisogna creare un clima non ostile». Gli operai, però, hanno notato che la vigilanza controllava i partecipanti. Nell’assemblea precedente molti avevano protestato, ieri invece è bastato far girare le divise dell’azienda per far percepire forte e chiara la minaccia di ritorsioni, così molti sono andati via.

«Nessun dirigente ha fornito spiegazioni – racconta Francesco Percuoco, responsabile settore auto Fiom di Napoli – Anche le organizzazioni che hanno indetto l’assemblea non hanno ritenuto di doversi spendere affinché i lavoratori ai cancelli potessero partecipare. Sarebbe stata l’occasione per chiedere se il premio di 500 euro per aver conseguito la medaglia d’oro in Wcm spetterà anche a chi è in cassa integrazione e non lavora perché tenuto lontano dalle linee dall’azienda».
La polizia ai varchi non è piaciuta neppure a Michele De Palma, coordinatore nazionale per la Fiom del gruppo Fiat: «È grave che le forze dell’ordine siano impiegate come polizia privata, che gli altri sindacati dividano i lavoratori in cassa da quelli al lavoro, come fossero lavoratori di serie B. Le istituzioni devono garantire l’applicazione delle sentenze della Corte costituzionale e dei tribunali. Il governo convo chi tutte le parti per assicurare un futuro a tutto il settore automotive».

Gravi, per De Palma, anche le dichiarazioni del sindaco di Torino, Piero Fassino, a sostegno del Lingotto: «Sono tre anni che assistiamo all’indecorosa scena di rappresentanti istituzionali che, invece di adoperarsi per garantire il rispetto della Costituzione negli stabilimenti Fiat e occuparsi di garantire il mantenimento della produzione dell’auto nel nostro paese, gareggiano a chi dimostra di essere più vicino alla strategia della Fiat». Fassino dichiarò che se fosse stato un operaio avrebbe votato sì al referendum ricatto di Mirafiori, e ieri in un’intervista ha difeso l’operato dell’azienda «nonostante i milioni di ore di cassa integrazione, la chiusura di stabilimenti del gruppo e cosa gravissima per il sindaco di Torino: la totale assenza di missione produttiva per Mirafiori con la conseguente grave crisi delle aziende dell’indotto».

Allarmante anche il ministro dello Sviluppo Flavio Zanonato, che ha definito obsoleta Mirafiori: «Lo stabilimento – conclude De Palma – è oggetto di una cassa straordinaria prima per ristrutturazione, poi nei giorni scorsi trasformata in cassa per riorganizzazione, che presuppone un programma di investimenti teso a nuove produzioni di cui nulla è chiaro».