Cambiare paradigma adottando un approccio transnazionale, per cui le migrazioni vanno considerate come forze di sviluppo umano e sostenibile. E percorre nuove strade per dare dignità e lavoro, e quindi nutrire la convivenza tra le persone e i territori. Questa è la prospettiva che si discuterà a Lampedusa, il 4 Ottobre, nel seminario su Migrazioni e Sviluppo nel Mediterraneo, nell’ambito del Festival Sabir.

Il lavoro sul campo delle organizzazioni di cooperazione internazionale della società civile che fanno parte della piattaforma italiana di Concord ha consentito di enucleare una serie di elementi per una nuova politica dell’Unione europea nel Mediterraneo. In particolare i Partenariati di Mobilità, e le misure riguardo il brain drain, i minori non accompagnati, il ritorno volontario assistito, e la partecipazione dei migranti.

I Partenariati di Mobilità, uno dei principali impegni politici dell’Ue per governare le migrazioni, vanno rifondati obbligando i paesi contraenti al rispetto dei diritti umani, con meccanismi di monitoraggio, controllo e risoluzione dei conflitti e delle inadempienze, con un maggiore coinvolgimento della società civile. Si tratta poi di legare di più la mobilità regolare alle politiche di occupazione tanto dei paesi di destino che di quelle dei paesi di origine, in un approccio comune cooperativo di progressiva integrazione dei mercati del lavoro.Questo significa includere in modo più coerente i partenariati nei piani di azione per la cooperazione allo sviluppo, sostenendo i processi di transizione in atto, e quindi anche le democrazie emergenti.

Vanno potenziate le reti dei migranti e della società civile nelle due sponde della migrazione con azioni di informazione, formazione e facilitazione all’inserimento nel mercato del lavoro, migliorando il dialogo con le istituzioni, in prospettiva di una politica migratoria comune nell’Ue capace di favorire la mobilità legale, a contrasto del crimine organizzato e dello sfruttamento lavorativo. I partenariati dovrebbero tenere in maggiore conto il fenomeno del brain drain di personale qualificato, che può avere un impatto critico anche sui sistemi di welfare dei paesi di origine, come il sistema sanitario. Vanno introdotte valutazioni di impatto, eventuali limiti al reclutamento attivo di personale sanitario da paesi aventi gravi carenze di questi operatori, e forme di supporto ai sistemi sanitari di origine.

Altra questione delicata e sensibile è quella dei minori non accompagnati per cui si propone di promuovere nei partenariati un approccio family to family: rendendo prioritaria l’accoglienza di tipo familiare, nazionale e internazionale, da parte degli Enti locali e dell’associazionismo qualificato; e prevenendo il traffico di minori. A sua volta, il ritorno volontario assistito va ripensato profondamente, modificando la direttiva europea in modo che non sia focalizzata sull’irregolarità ma sul co-sviluppo, ampliando il profilo dei migranti aventi accesso a questa misura, e potenziando la cooperazione per il lavoro e l’imprenditoria in un’ottica trans-nazionale.

Infine tutto ciò ha senso se si valorizza il ruolo dei migranti come attori di sviluppo locale sia su un piano economico, che sociale, culturale e di partecipazione alla vita democratica, rimuovendo gli ostacoli normativi che impediscono il pieno godimento dei diritti.

*Coordinatore del Gruppo Migrazioni di Concord Italia, Focsiv e CeSPI