Aveva avuto l’impressione che Emmanuel e Chimiary stessero rubando un’auto. Si è difeso così Amedeo Mancini, 38 anni, imprenditore agricolo, fermato per omicidio preterintenzionale dopo la morte del 36enne nigeriano aggredito martedì pomeriggio a Fermo, nei pressi del Seminario.

Voleva scongiurare un furto, per questo ha dato della «scimmia» a Chimiary. Un metro e novanta, ultras della Fermana, vicino all’estrema destra locale e da quattro anni impossibilitato ad andare allo stadio perché sottoposto a Daspo, Mancini dice di essersi difeso, e in questo senso è spuntata anche una testimone, la cui attendibilità è però quantomeno dubbia: la donna sostiene che il primo a prendere un cartello stradale e a colpire sia stato Emmanuel, ma già in passato lei – Pisana Bachetti il suo nome – si era fatta segnalare dalle gazzette locali perché sosteneva di aver visto quattro ragazzi cinesi intenti a catturare gatti per strada con un retino da pesca, vicenda che poi si è rivelata priva di ogni fondamento. Giusto per far capire il tipo.

Si vedrà: le indagini vanno avanti e molto dipenderà dall’esito dell’autopsia sul corpo della vittima, in programma nei prossimi giorni, e allora si capirà com’è morto Emmanuel Chidi Namdi.

Il giorno dopo la morte del nigeriano si è aperto con un tweet di Matteo Renzi: «Il governo oggi a Fermo con don Vinicio e le istituzioni locali in memoria di Emmanuel. Contro l’odio, il razzismo e la violenza». Qualche ora dopo, in prefettura, è arrivato il ministro dell’Interno Angelino Alfano per presiedere il Comitato per l’ordine e la sicurezza. «Il cuore dell’Italia – ha detto – non è rappresentato da chi ha commesso questo omicidio». Poi l’annuncio: a Chimiary è stato concesso lo status di rifugiata, seguendo le indicazioni del presidente della Repubblica Mattarella che aveva chiesto «assistenza per la vedova».

Erano otto mesi che lei stava aspettando, per ottenere i documenti è dovuto morire suo marito. Intanto, in Senato andava in scena il peggiore dei teatrini, tra Carlo Giovanardi che proprio non è riuscito ad ammettere la matrice razzista dell’omicidio («È stato un balordo») e il leghista Gian Marco Centinaio che ha elencato una serie di crimini compiuti da immigrati. Fischi e contestazioni dai banchi, ma in fondo c’era molto poco di cui stupirsi.
Dall’altra parte dell’Appennino, a Fermo, l’atmosfera è come sospesa. Martedì sera la veglia per Emmanuel ha visto la partecipazione di quasi cinquecento persone. Chimiary, vestita di bianco, piangeva e intonava canti funebri africani: «Dio, dove sei? Vivere da soli è come uccidermi». Sfuggire a Boko Haram, attraversare mezzo mondo e poi trovare la morte per mano di un ultras fascistoide: il Buio oltre la siepe al contrario, perché qui la notte del cinismo e dell’indifferenza pare essere ormai infinita.

Arroccata tra le colline, dove se non si è del posto si è per sempre un forestiero, la provincia marchigiana più che dell’omicidio di Emmanuel appare preoccupata della difesa del proprio buon nome. Non è un caso d’altra parte che in molti – anche sul fronte istituzionale – oltre ad esprimere condanna e sdegno per quanto avvenuto, invita tutti a non alzare troppo i toni per non far passare il territorio come un deserto arido popolato da razzisti. Tra la coda di paglia e la peggiore ipocrisia del borghese piccolo piccolo, la speranza neanche troppo nascosta è che la tempesta passi in fretta e che poi si possa tornare a vivacchiare, facendosi tanti complimenti da soli per l’ennesima stagione estiva che farà registrare di sicuro «il boom di turisti», le «eccellenze locali» da valorizzare e un equilibrio sociale da mantenere a tutti i costi, al di là di ogni evidente tensione, oltre qualunque conflitto che cova sempre dietro alla presunta tranquillità provinciale.

Il corpo di Emmanuel è ancora a disposizione degli inquirenti: verrà disposta l’autopsia, poi si potrà procedere con l’eventuale espianto degli organi – che non si sa ancora quanto sia possibile, in assenza di documenti e di familiari per concedere l’autorizzazione perché per la legge lui non si è mai sposato e la cerimonia fatta lo scorso gennaio è stata soltanto un atto informale, una promessa d’amore senza valore legale – e infine avrà luogo il funerale.
Resta la disperazione di chi è sopravvissuto. Chimiary è in Italia da otto mesi, per arrivarci ha perso due bambini che aveva in grembo, poi qui ha dovuto dire addio anche al marito. Adesso lei è completamente sola, a migliaia di chilometri da una casa alla quale comunque non può tornare.