Fermo il sottoattraversamento Tav. Ma è già un pozzo senza fondo
Appalti Nell'inchiesta della procura fiorentina l'ennesima fotografia della dinamica patologica delle grandi opere
Appalti Nell'inchiesta della procura fiorentina l'ennesima fotografia della dinamica patologica delle grandi opere
I lavori dell’alta velocità ferroviaria nel sottosuolo di Firenze non sono ancora praticamente partiti. Invece i suoi costi dovrebbero già lievitare di almeno 250 milioni di euro, da aggiungere ai 750 pattuiti dal gruppo Fs attraverso Italferr al consorzio Nodavia (al 70% di Coopsette) che si è aggiudicato l’appalto. Da queste cifre, messe nero su bianco dal gip Angelo Antonio Pezzuti nell’ordinanza che ha messo agli arresti domiciliari fra gli altri Maria Rita Lorenzetti e il presidente di Nodavia, Furio Saraceno, arriva l’ennesimo riscontro di quella dinamica patologica delle grandi opere che non solo i no-Tav segnalano da anni. Ottenendo in cambio la militarizzazione dei territori dove le contestazioni sono diventate di massa, come sta accadendo in val di Susa. Poi il tentativo di criminalizzare i movimenti di protesta. Infine una sottile, ma radicata, operazione di maquillage dei fatti. Tesa a convincere l’opinione pubblica che, comunque vadano le cose, si tratta di tributi necessari alla “modernizzazione” del paese. E poi, che diamine, la gente deve lavorare.
Gli sviluppi dell’inchiesta della procura fiorentina sulla “squadra” messa in piedi dall’ex governatrice umbra Lorenzetti, esponente di primo piano del Pd, riportano all’ antico meccanismo dei controllati che controllano i teorici controllori. A questo riguardo, ancor più degli interrogatori di garanzia fissati a inizio settimana per l’ex numero uno di Italferr Lorenzetti e per Saraceno, sarà importante la testimonianza dell’attuale membro dell’Autorità di vigilanza sugli appalti pubblici Piero Calandra. Convocato dal giudice Pezzuti per mercoledì 25 settembre. Anche per chiarire, fra le tante, il senso di una chiamata a Lorenzetti intercettata dal Ros dei carabinieri. Una telefonata del 12 settembre 2012 in cui Calandra, nominato in quota Pd, annunciava: “Cinque minuti fa ho estorto l’approvazione”. Cioè il parere favorevole dell’Autorità, nata per vigilare sul buon funzionamento della pubblica amministrazione e quindi teoricamente indipendente, alle richieste di Nodavia: “L’emissione di un parere interpretativo da parte dell’Autorità di vigilanza per i contratti pubblici – puntualizza il gip – che avrebbe consentito l’avvio di un accordo bonario per la valutazione di riserve presentate da Nodavia per i lavori Tav di Firenze, per un importo di 250 milioni di euro”.
L’alta velocità è proprio un pozzo senza fondo. Appena due mesi prima, aveva denunciato all’epoca Ornella De Zordo di Perunaltracittà, Nodavia aveva battuto a cassa con Rfi e Italferr per “soli” 190 milioni. Mentre alcuni mesi dopo, nel giugno scorso, nella domanda di concordato preventivo al tribunale fallimentare, il consorzio ha scritto nero su bianco: “Durante l’esecuzione dell’appalto Nodavia ha iscritto a vario titolo riserve per un ammontare, alla data del 31 dicembre 2012, per oltre 280 milioni”. Una richiesta ancora (e per fortuna, ndr) congelata da Italferr, grazie all’inchiesta della procura fiorentina, “in attesa di avere conferma della correttezza della procedura dell’Autorità di vigilanza”. Nel mentre si attende la decisione del tribunale fallimentare sulla richiesta di concordato preventivo fatta dal consorzio Nodavia. Che non se la passa per niente bene, al pari del suo socio di maggioranza Coopsette.
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