Due arresti per le bombe fatte esplodere a primavera davanti a quattro chiese del Fermano. Ieri mattina i carabinieri hanno fermato Martino Paniconi (44 anni) e Marco Bordoni (30), entrambi legati alla curva della squadra di calcio locale.

Per sostituto procuratore Mirko Monti, lo stadio sarebbe «il solo legame con Amedeo Mancini», l’uomo che l’8 luglio scorso ha ucciso Emmanuel Chidi Namdi dopo aver chiamato “scimmia” sua moglie. L’investigatore, poi, «esclude la natura politica» del gesto perché «dovremmo parlare di destra e anarchia, ma non siamo in presenza di soggetti con cultura politica». Ragionamento comprensibile sul piano giudiziario, ma a questo punto non si può che ricordare quanto detto da Don Vinicio Albanesi della Comunità di Capodarco dopo la morte del nigeriano: «È stata una provocazione gratuita e a freddo, ritengo che si tratti dello stesso giro delle bombe davanti alle chiese». A guardare il profilo di Facebook di Paniconi, in effetti, viene fuori che, oltre alla condivisione di post contro gli immigrati scritti dal leader della Lega Nord Matteo Salvini, ci sono diversi proclami di solidarietà nei confronti di Mancini – definito, tra le altre cose, «fratello mio» – e svariati attacchi proprio a don Albanesi, accusato in sostanza di speculare sull’accoglienza dei profughi e dei richiedenti asilo.

Un termometro della situazione italiana, prima ancora che un’inchiesta giudiziaria: dopo la morte di Emmanuel, Fermo si è come chiusa a riccio, negando ogni matrice razzista del gesto e sostenendo che ogni voce in quel senso non fosse altro che un tentativo di denigrare il buon nome cittadino. Parere condiviso nei bar, in piazza, nei comunicati della Curva Duomo e, sia pure con parole più istituzionali, anche dal sindaco Paolo Calcinaro.
Il cinismo di ogni provincia, tra la sofferenza per il fatto di essere fuori dai giri che contano e la difesa a oltranza di se stessa quando i problemi del mondo si manifestano per strada. Purtroppo, quando si è trattato di dare un segnale, la risposta cittadina è stata poca cosa: alla manifestazione antirazzista organizzata dopo la morte di Emmanuel, i presenti in piazza erano poco più di un migliaio, oltre la metà dei quali venivano dalle altre città delle Marche. A Panicone e Mancini sono stati addebitati quattro esplosioni e un tentativo a vuoto, con danni arrecati soltanto agli edifici e nessun ferito: l’ordigno esploso il 9 gennaio davanti alla chiesa di San Pio Decimo a Porto Sant’Elpidio, quello della notte tra il 27 e i 28 febbraio davanti all’abitazione dei parroci dietro al Duomo di Fermo, quello dell’8 aprile davanti alla chiesa di Lido San Tommaso, quello del 13 aprile davanti a San Marco alle Paludi e quello del 22 maggio, davanti a San Gabriele dell’Addolorata, a Campiglione, che però non è esploso. Proprio il ritrovamento di quest’ultima bomba artigianale ha permesso agli investigatori di chiudere il cerchio, collegando i materiali esplosivi rivenuti lì con quelli ritrovati qualche tempo prima in un rudere sulle colline intorno alla città.

Il fermo è scattato quando la procura ha ritenuto che ci fossero elementi tali da far presagire un pericolo di fuga all’estero dei due indagati. In una intercettazione ambientale, infatti, si sente Bordone parlare di fuga verso la Francia, con Panicone che però ha subito bocciato l’idea: «No, lì ci mettono le bombe». La confusione ideologica è evidente: un brodo in cui rigurgiti nazionalisti, razzismo, complottismo, indignazione e miopia sociale si confondono e producono tragedie e farse senza soluzione di continuità.«Forse il problema non è il loro quoziente intellettivo – conclude Giuseppe Buondonno di Sel -, ma l’immondizia sottoculturale di cui sono imbottiti. E l’ipocrita rimozione di chi sottovaluta la diffusione di banalità razziste che legittima i violenti, persino nella nostra città». Il capo della procura Domenico Seccia ha definito le azioni dei due come atti di «assoluta dissennatezza», individuando in maniera vaga il movente: «Oltre che ad un motivo insurrezionale, si tratta di un atto di sfregio nei confronti delle istituzioni. Non c’era criterio logico nella scelta delle chiese». L’accusa è di fabbricazione illegale ed esplosione di ordigno e danneggiamento aggravato di luoghi di culto.