Un fiume di persone, oltre duemila, per un serpentone che ha attraversato tutto il centro di Fermo, un anno dopo la morte di Emmanuel Chidi Namdi, il 36enne nigeriano che non ha abbassato lo sguardo quando l’italiano Amedeo Mancini ha apostrofato sua moglie come «Africans scimmia», e per questo è stato ucciso.

Tante bandiere, tanti volti, tante storie. E qualche assenza che fa rumore, a partire dal sindaco, il civico Paolo Calcinaro, per arrivare fino al Pd, che ha deciso di far mancare le proprie bandiere senza fornire spiegazioni. Per il resto c’erano tutti: Mdp, Sinistra Italia, Rifondazione, vari partiti comunisti, i sindacati, le associazioni antirazziste di tutta l’Italia, gli studenti, i centri sociali, i rifugiati e i richiedenti asilo della regione. Nella calca si vedono anche dei tricolori, a stringerli sono ragazzi rifugiati, una lezione ai tanti che usano la bandiera come una clava e la cittadinanza come uno strumento di discriminazione.

«La nostra Europa non ha confini, siamo tutti clandestini» e «Contro il razzismo e la violenza, ora e sempre resistenza» gridano dagli altoparlanti del camioncino che guida il corteo con Peppino Buondonno (Sinistra Italiana) e Alessandro Fulimeni (Sprar) a guidare, dietro il coro di voci rimbalza tra i muri di pietra della città e sale in alto.

Le persone si affacciano alla finestra, man mano che da piazza Dante il serpentone sale verso piazza del Popolo, altra gente si aggiunge. Attimi di commozione quando si arriva al luogo in cui è morto Emmanuel, il corteo si ferma in silenzio, a ricordare il buio oltre la siepe andato in scena un anno fa, per una storia che non finisce certo con il suo esito giudiziario: Mancini ha patteggiato una pena di quattro anni per omicidio preterintenzionale aggravato dall’odio razziale, ma già dallo scorso mese di maggio non è più soggetto agli arresti domiciliari.

Ma, in fin dei conti, questo è solo un dettaglio della vicenda, l’aspetto giudiziario non è l’unico che conta nella storia di Emmanuel: la cosa davvero importante è ricordare quello che è successo, perché una cosa del genere non accada mai più.

Fermo è antirazzista, e ieri pomeriggio l’ha dimostrato nella maniera migliore, con una risposta di massa quasi inattesa, sicuramente una sorpresa per i detrattori, che nei giorni scorsi prevedevano non più di quattro gatti a manifestare. Oltre l’indifferenza ostentata da una parte della città, al di là dell’opportunismo di quasi tutte le parti politiche, più in alto delle speculazioni, la città ha detto chiaramente da che parte sta: contro ogni fascismo e ogni razzismo.

Nel momento in cui scriviamo, il corteo sta entrando in piazza del Popolo, dove è stato allestito un palco sul quale si sono poi esibiti La Gang, Dr Jack, Insil3nzio, Serena Abrami e La stanza di vetro. Infine la sequela di interventi: dai rappresentanti del Comitato 5 luglio (nato in seguito all’assassinio di Emmanuel) ad Andrea Costa del Baobab, passando per gli studenti e le associazioni. È stata una festa. Perché a Fermo nessuno è straniero.