Femministe di nuovo in piazza, in Colombia, contro la violenza sulle donne. Centinaia di persone si sono raccolte nel parco di Lourdes, a Bogotà, intorno alla foto della piccola Yuliana Samboni, una bambina di 7 anni violentata, torturata e uccisa probabilmente da un uomo di 38 anni, che è stato arrestato. L’avvocata Monica Roa ha accusato la società colombiana di essere «il brodo di coltura per i violentatori che uccidono. Quello di Yuliana – ha ricordato – non è un caso isolato, 21 bambine tra i 10 e i 14 anni vengono violentate ogni giorno».

Il presunto assassino ha rapito la bambina dal quartiere povero in cui viveva per portarla nel lussuoso appartamento di proprietà della famiglia, nel Chapinero. La famiglia della piccola aveva lasciato il dipartimento del Cauca – dove i contadini sono spesso espulsi dalla violenza delle bande paramilitari -, in cerca di migliori condizioni nella capitale.
Il 6 novembre era stata violentata, torturata e impalata in Colombia, una donna di 44 anni, Dora Lilia Galvez, che morì dopo 22 giorni di agonia. Nel 2016, sono state uccise 125 donne. Secondo l’uffficio dell’Onu-Mujer, nel paese ogni giorno e mezzo una donna viene ammazzata dal compagno o dall’ex. Anche dal Cile, ieri le femministe hanno denunciato un femminicidio con stupro e torture a una giovane che sarebbe stata impalata e a cui avrebbero tagliato i seni.

In questi giorni, le donne che hanno partecipato all’incontro continentale dei Movimenti dell’Alba hanno ricordato le cifre dei femminicidi commessi in Colombia, e la violenza di cui sono state vittime le donne durante il conflitto armato ad opera di polizia e paramilitari; e hanno ribadito la necessità di arrivare a un processo di pace con giustizia sociale. Ma, mentre è iniziata la smobilitazione della guerriglia dopo la firma degli accordi, ratificata dal Parlamento, la Camera tarda ad avviare il percorso di amnistia per gli ex guerriglieri, che ne consentirebbe il rientro nella vita politica.