Incrociare le pratiche artistiche con il territorio di Roma Est, Torpignattara in particolare, focalizzandosi sulle esigenze delle donne che lo attraversano. È questo lo scopo del progetto, tutt’ora in corso, dell’Associazione Erinni, composta dalle giovani curatrici Arianna Forte, Cinzia Forte e Daniela Cotimbo. «Abbiamo questo quartiere perché oltre a essere multietnico è pieno di identità, di anime, di problematiche e di passioni, è un posto ‘caldo’. Era particolarmente interessante trovare un contatto tra gli interessi delle artiste scelte e il territorio in un’ottica transfemminista» racconta Cinzia Forte.

QUESTO CONTATTO è nato con un grande lavoro di rete con le realtà sociali di Torpignattara, che ha portato alla compilazione di un dossier ottenuto intervistando numerose donne della zona, a cui si sono aggiunti i luoghi della creatività artistica che hanno ospitato i laboratori (Fivizzano27, Studio54, Casilino Sky Park, la Casa del Popolo). «Insieme ad un’antropologa siamo andate a parlare con i comitati di quartiere e con contatti che avevamo. Abbiamo chiesto alle donne di rispondere ad alcune questioni che avevamo formulato sia noi stesse che le artiste del progetto, chiamato Beyond Binaries. Tra i temi toccati ci sono lo sguardo, ovvero come quest’ultimo viene dato e ricevuto nell’attraversare lo spazio pubblico, e le domande intorno alla salute e la cura, molto attuali, sulle quali c’è stato un grande bisogno di condividere esperienze» continua Cinzia Forte.
Le artiste hanno chiaramente un ruolo chiave, che si è dispiegato maggiormente nella fase successiva. «Il rapporto con il territorio si è delineato nella forma del laboratorio gratuito. È un percorso ancora in fieri, una parte terminerà alla fine di questa settimana, quindi i risultati sono ancora una domanda aperta. Sicuramente oltre a molte soddisfazioni ci siamo rese conto di quanto sia difficile lavorare col quartiere e nella comunità» spiega Arianna Forte.

DI ARTISTE ne sono state coinvolte quattro, Daniela Cotimbo riassume i loro percorsi. «Le abbiamo scelte sulla base della loro ricerca e linguaggio e sulla propensione che avevano a lavorare tramite laboratori e non solo con l’opera finita, anche se questo è un passaggio che faremo per portare fuori da Torpignattara quanto abbiamo raccolto. C’è il collettivo Call Monica di Venezia, che attraverso pratiche performative ha indagato sulla consapevolezza dei corpi nello spazio e su quali dinamiche di potere si generano quando un’identità femminile si trova ad attraversarlo. Ginevra Petrozzi ha invece lavorato sul concetto di ‘futuro’, legando l’esoterismo alla tecnologia». L’associazione Erinni ha infatti un interesse particolare per la commistione tra arte e dati, e per l’impatto sociale delle tecnologie. Prosegue Cotimbo: «I dati si rivolgono al passato e con gli algoritmi sembrerebbe che il futuro sia già scritto, basandosi unicamente su ciò che è già accaduto. Petrozzi riscrive queste regole riprendendo l’estetica dalle streghe, identità che praticavano altri saperi rispetto a quelli patriarcali e dominanti e per questo bollate come irrazionali. Ho scoperto quanto sia complesso chiedere alla comunità di esprimere un’idea di futuro perché vengono posti al centro aspettative e desideri spesso messi da parte». Un aspetto su cui le tre curatrici concordano è infatti l’alto tasso di emotività che circola nei laboratori, che fa il paio con il grande bisogno di «buttare fuori» problemi e sensazioni. Ciò è avvenuto anche nel percorso portato avanti da Giulia Tomasello che esplorava invece il tema della salute intima femminile, piuttosto sentito in una zona «fantasma» per la presenza di consultori.
Questi i percorsi terminati, ma ci sono ancora diversi appuntamenti che entreranno nel vivo a breve. Oggi alle 17 alla Rufa ci sarà un incontro con tutte le artiste coinvolte, le curatrici e diverse studiose – è l’occasione più «accademica» di questo progetto nella quale si tenterà di rilanciare alcune questioni emerse nelle pratiche. Partirà poi il laboratorio di Mara Oscar Cassiani, che indagherà i linguaggi di internet e dei videogiochi per «smontare» gli stereotipi femminili che li abitano. Infine, una mostra a settembre che le intervistate definiscono «una sfida», perché bisognerà vedere quale forma assumeranno le opere che si faranno carico di cristallizzare questi percorsi corali. Percorsi che stanno tentando di aprire una visione e una breccia, ma che avrebbero bisogno di tempo per lasciare un segno profondo. In ballo ci sono i fondi a cui possono concretamente accedere tre giovani curatrici, e una mancanza di servizi sempre più urgente. Ma questa è un’altra storia.