«Le donne smettano di mettere il rossetto e di portare i tacchi e saranno al sicuro da violenti e maniaci». A dirlo è Oliviero Toscani che, pensando di dare un contributo contro il femminicidio, ci invita a «essere più sobrie e a dare importanza all’essere più che al sembrare» – come se nei paesi in cui le donne sono molto coperte la violenza non esistesse – un monito che dà il polso di quanto il dibattito sul femminicidio stia regredendo.

Pochi giorni fa la ministra delle pari opportunità, Josefa Idem, ha finalmente lanciato l’ipotesi di una task force intergovernativa, un’azione traversale che questo dicastero può chiedere a diversi ministri (cosa che Fornero non ha mai fatto), e che potrebbe dare una reale svolta con un indirizzo preciso all’esecutivo senza aspettare i tempi biblici di una legge contro il femminicidio. A questo si aggiunga la ratifica della Convenzione di Istanbul e l’idea di una commissione d’inchiesta sulla violenza di genere, promessi dalla presidente della camera Laura Boldrini, che recentemente alla Casa internazionale delle donne di Roma ha parlato anche di una «campagna di ascolto» in parlamento «da riportare alle commissioni con raccomandazioni per sostenere il lavoro legislativo» e con la partecipazione della società civile.

A questo input ha fatto seguito la petizione promossa da Serena Dandini e Maura Misiti con il progetto teatrale «Ferite a morte», che chiede al governo di convocare gli Stati generali sulla violenza. Una petizione firmata anche dal sindaco di Firenze Matteo Renzi che promosse il cimitero dei “mai nati”, dimostrando di non sapere che alla base della battaglia contro la violenza c’è l’autodeterminazione delle donne.

Per Barbara Spinelli, avvocata esperta di femmincidio, siamo a un punto di svolta e non ce ne siamo accorte: «Dobbiamo notare con soddisfazione che Idem e Boldrini hanno scelto di agire evitando soluzioni facili, come l’aumento delle pene o una legge contro il femminicidio, affrontando di petto il problema come richiesto dalle raccomandazioni Onu, in maniera strutturale e in rete tra istituzioni, per verificare quali sono gli ostacoli materiali che impediscono la protezione delle donne. L’istituzione di una commissione d’inchiesta parlamentare è una scelta coraggiosa, può portare a risultati importanti consentendo di fare una verifica profonda dell’esistente per decidere come rendere concreti i suggerimenti contenuti nelle raccomandazioni senza improvvisare. La task force potrebbe attuare misure urgenti per proteggere le donne e sviluppare un piano antiviolenza che risponda alle linee internazionali. La petizione – continua Spinelli – confonde i piani, non tiene conto di chi deve fare cosa. Va bene sollecitare le istituzioni, come chiesto anche dalla Convenzione No More, ma spetta alla società civile promuovere gli Stati generali sulla violenza. Dobbiamo sostenere con forza l’istituzione di una task force e della commissione d’inchiesta, è l’azione migliore che le istituzioni possono fare per cambiare la situazione».