La formula magica «fuori i partiti dalla Rai» rimbalza di partito in partito all’indomani della trasmissione sul web, in differita, del reality del Primo maggio, il «making of» del Concertone in cui Fedez parla al telefono con l’organizzatore della kermesse, Massimo Bonelli, l’autore Massimo Cinque, entrambi della società iCompany, e la vicedirettrice di Raitre Ilaria Capitani (quasi 15 milioni di visualizzazioni sul profilo Instagram di Fedez e più di due milioni su Twitter).

IL DIRETTORE DELLA TERZA rete, Franco Di Mare, sarà ascoltato dalla commissione di vigilanza Rai domani sera. Ma intanto è un fiume in piena: l’azienda di viale Mazzini ha voluto censurare il cantante, cercando di impedire che leggesse sul palco quella serie di aberranti dichiarazioni omofobe pronunciate da esponenti della Lega, partito che cerca di boicottare la discussione del ddl Zan contro l’omotransfobia? Accuse «gravi e infamanti», tuona Di Mare, sottolineando che dalla registrazione integrale della telefonata si sente Capitani escludere «ben due volte» l’intenzione di censurare Fedez. La vicedirettrice spiega al cantante che «la Rai non è responsabile di quello che lei dirà» perché acquista i diritti di trasmissione. Poi interviene Bonelli affermando che «io rispondo alla Rai e ai sindacati». Capitani prova a uscire dall’impaccio con un «nessuna censura» ma «io ritengo inopportuno il contesto» però «è una cosa sua» se proprio vole leggere quel monologo come chiede di sapere Fedez, sì «assolutamente». Prima Massimo Cinque aveva parlato di «sistema» a cui in qualche modo adeguarsi.

INSOMMA, UN RIMPALLO il cui risultato è appunto il vecchio, stucchevole coro: «Fuori i partiti dalla Rai». E le voci più fragorose appartengono a quelle forze politiche, Pd e 5S, che hanno «in quota» il direttore Di Mare (i 5S) e Capitani (i dem). Mentre la Lega, con Massimiliano Capitanio, capogruppo in commissione di vigilanza, negando che esponenti del Carroccio avessero letto in anticipo il testo di Fedez e lanciato l’altolà, prova a alzare una cortina fumogena: la Rai avrebbe speso 600 mila euro, «chiederemo approfondimenti per vedere se ci sono gli estremi per un esposto alla Corte dei Conti».

IN ATTESA DELLE VERIFICHE interne disposte dall’amministratore delegato Fabrizio Salini, con il caso che piomberà nel cda del 13 maggio come chiesto dai consiglieri Rita Borioni e Rodolfò Laganà, si batte sulla riforma della governance di viale Mazzini. La sollecita anche Giuseppe Conte, che rispolvera l’idea della Fondazione (era nel ddl Gentiloni, 14 anni fa). La 5S Gabriella Di Girolamo afferma che il Movimento «è al lavoro» per calendarizzare la riforma in Senato. La Lega ci sta, «ma facciamolo seriamente», incalza ancora Capitanio. Ma la partita vera è quella delle nomine, con il rinnovo dei vertici Rai previsto per giugno. I partiti sono ai blocchi di partenza e se il segretario dem Enrico Letta prova a giocare d’anticipo proponendo l’esclusione di parlamentari e ex parlamentari dal consiglio e Salvini scalpita e già tuona contro la «sinistra lottizzatrice», il boccino è nelle mani di Mario Draghi, che ha sguinzagliato un a società di cacciatori di teste anche per le altre partecipate, la Egon Zehnder. In settimana, probabilmente giovedì, sarà pronto l’elenco dei candidati al cda che hanno inviato il curriculum a camera e senato.

Ma i nomi dell’ad e del presidente (che dovrà avere l’ok dei due terzi della vigilanza) sono proposti dall’azionista, cioè il ministero dell’Economia. Il premier incontrerà il ministro Daniele Franco, ma non ha fretta. Diversi nomi sono già in circolazione (l’interno Marcello Ciannamea, le esterne Elisabetta Ripa di OpenFibner e Laura Cioli), Draghi punterebbe a un «supertecnico» ma scafato. Per la presidenza resta quotato Ferruccio De Bortoli (circola anche il nome dell’ex dg Mauro Masi che come «censore» vanta un certo curriculum).

SI VEDRÀ NELLE PROSSIME settimane quanto lungo il passo indietro i partiti siano davvero disposti a farlo. Mentre la Lega vuole tenere ancora al palo di ddl Zan: il presidente della commissione giustizia Ostellari annuncia la presentazione di una nuova proposta. Un modo per perdere altro tempo, ribattono Pd e 5 Stelle. E la dem Cirinnà chiede di portare il testo direttamente in aula.