Il «venerdì nero» delle valute, il crollo della lira turca, del peso e del rublo, insieme al real che ha fatto crollare le borse negli ultimi giorni, non hanno fatto cambiare idea alla Federal Reserve. Nell’ultima riunione diretta dall’attuale presidente della Fed Ben Bernanke, prevista per martedì e mercoledì, la banca centrale americana continuerà con il suo piano di ritiro degli aiuti all’economia e li taglierà a 65 miliardi di dollari al mese. Bernanke ritiene che le tensioni sulle valute sono il risultato di un assestamento e non c’è un rischio sistemico per i mercati finanziari. Non la pensa così la direttrice generale del Fondo Monetario Internazionale (Fmi) Christine Lagarde: la responsabilità della caduta dei «mercati emergenti» è responsabiluità della stretta creditizia voluta dalla Fed. La fuga degli investitori dai paesi emergenti è in corso da mesi, ma è aumentato in corrispondenza con la decisione di Bernanke a maggio. Quest’ultimo lascerà il posto a Janet Yellen, la quale continuerà con la strategia di riduzione degli acquisti degli asset di 20 miliardi di dollari al mese entro il 2014. La decisione della Fed punta tutto sulla ripresa dell’economia americana e sull’allentamento della crisi nella zona Euro. Gli investitori vengono richiamati dai paesi emergenti per concentrare le loro risorse sulla crescita in queste zone. Si è creato un effetto valanga sui paesi emergenti e in particolare sull’Argentina che ha svalutato la sua moneta nazionale, il peso, nel tentativo di di combattere l’inflazione alta. Giovedì scorso il peso ha perso il 17% del suo valore rispetto al dollaro. La tensione tra il governo di Cristina Kirchner e i mercati è altissima al punto da averla spinta ad un passo indietro. Lunedì, alla riapertura dei mercati, si annunciano altre tensioni.