Fatoumata Kébé è una giovane astrofisica francese. Dopo gli studi di ingegneria meccanica all’università Pierre-et-Marie-Curie, nel percorso di dottorato in astronomia si è occupata di velocità degli impulsi sulle traiettorie dei detriti spaziali – detriti umani derivanti dalla cosiddetta conquista dello spazio. Ha pubblicato in francese due testi divulgativi, in cui ha raccontato le tante facce della Luna, tra scoperte scientifiche e miti nati attorno all’argenteo satellite terrestre. Blackie edizioni ha editato in italiano La Lune est un roman, il primo dei due libri intitolandolo Il libro della luna. Storie, miti e leggende (pp. 192, euro 18), nella traduzione di Chiara Manfrinato e nell’incantata veste grafica del designer e illustratore catalano Ignasi Font.

ATTRAVERSO le belle pagine di Fatoumata Kébé, il nostro satellite diventa la più splendente e misteriosa delle protagoniste. L’autrice ne racconta la storia partendo dalle origini, cioè spiegandone la nascita e tracciando delle linee di connessione tra le ipotesi scientifiche e la mitologia delle civiltà precolombiane. La doppia nascita (del Sole e della Luna) ad esempio avrebbe dato vita a una vera e propria cosmogonia, ovvero una teoria dell’origine del mondo. Nella prospettiva di Fatoumata Kébé la Luna è davvero un romanzo, nel senso che attorno al satellite è possibile tratteggiare la sua origine, in quanto corpo celeste in sé, ma anche la sua presenza nella storia degli esseri umani. L’introduzione al libro si apre infatti con la descrizione di una pittura rupestre nell’ultima sala delle caverne di Lascaux, in Dordogna. Il profilo di un cavallo galoppante, dalle narici fin lungo ai fianchi e la coda, è punteggiato da quella che sembrerebbe una lunga scia di stelle, trattandosi invece di una rappresentazione in sequenza delle varie fasi lunari – a guisa di calendario.
Passando dall’arte parietale del Paleolitico Superiore, si percorrono i secoli per arrivare a Ninive e allo studio delle fasi lunari come misura del tempo, che scorre inevitabile ma anche ciclicamente. Ci viene raccontato come i saggi tenessero meticolosamente dei registri in cui annotare le otto fasi lunari, riuscendo anche a prevenire le eclissi. Kébé narra poi i contorni dei volti divini che le civiltà antiche attribuivano alla Luna: spesso si tratta di dee, come in Cina, in Grecia o presso i romani; talvolta il suo volto è mutevole, ma diversamente dalle tre facce della Luna nella Grecia antica.

COME IN CAMBOGIA, dove Selene, Artemide e Ecate lasciano il posto ad una divinità ancora una volta cangiante, ma in termini diversi: «talvolta Signore dei mesi, talvolta, quando le notti sono fredde e umide e la Luna manderà la pioggia che feconderà le risaie, è una Donna-Serpente».
L’astrofisica dedica un capitolo, intitolato «Nel nome della Luna», a dispiegare il ventaglio dei tanti nomi che la Luna possiede. «Luna» è un vocabolo di origine latina, tuttavia non è il solo per indicarla ed è legato a «mensis», che era utilizzato a designare la misura da cui derivano «mese» e «mestruazione». La parola indoeuropea da cui deriva «mensis» è «meh-»; «leuk-» è quella da cui discende «lumen», in latino luce, che diventa poi colei che splende luminosa – la Luna. Le due varianti sono strettamente legate, intersecando funzione e aspetto del satellite. L’inglese «moon» e il tedesco «mond» preferiscono la variante che si appoggia sulla ciclicità mensile. In italiano e in francese invece abbiamo preferito la variante legata alla luce, all’opalescente fonte luminosa che rischiara le notti senza nuvole.
Come l’autrice ribadisce a più riprese, il suo libro non è un saggio sulla Luna, ma un romanzo, anche perché la Luna ne ha generati molti altri. Kébé ci rivela di avere sempre sognato di calpestarne la superficie – come l’Astolfo dell’Ariosto, Jules Verne, Ursula Le Guin, Asimov e altri ancora; e anche come chi davvero alla fine degli anni Sessanta ci mise piede.

«Ah, la Luna! L’astro solitario al quale la Terra ha impedito di diventare un pianeta e che anch’io, proprio come voi, ho passato notti intere a osservare. Ho sempre sognato di calpestarne la superficie e ho finito per consacrarle i miei studi e la mia vita, imparando prima le parole che la definiscono, poi il ritmo della sua danza, infine il mistero della sua creazione».
Descrivendo i «quindici paesaggi» della Luna, così come li chiama il servizio mappe dell’Unione Astronomica Internazionale (UAI), Kébé si addentra nella simbolica toponomastica lunare. Michael Florent van Langren, noto come Langrenus, fu il primo ad effettuare un rilevamento topografico della Luna; è a lui, l’astronomo di Filippo IV di Spagna (ma anche a Johannes Hevelius nel 1647 e a Riccioli nel 1651), che dobbiamo il battesimo delle terre, dei crateri e dei mari della luna. Il «Mare blu», «il Mare della Tranquillità» o quello «della Serenità» bagnano terre chiamate «Dignità», «Onore» e «Giustizia», oppure terre con meno sognanti nomi di colleghi astronomi, filosofi o religiosi. Si è continuato e si continua a dare nomi al territorio lunare, fino a tempi più recenti: la sonda piazzata dalla Cina sulla superficie nascosta della Luna lascia infatti presagire un prossimo arricchimento della lista.

FATOUMATA KÉBÉ procede poi dedicando la parte finale del suo romanzo al racconto spedito dei tentati allunaggi, della competizione tra Stati Uniti e Unione Sovietica e alle vicende tristi che vedono partecipe involontaria la cagnetta Laika; continua con le varie missioni Apollo, fino alla più celebre missione Apollo 11 e con lei al dispiegamento delle teorie relative al Moon hoax (la teoria del complotto). Di attendibile e provato rispetto alle tante teorie che circolano attorno all’allunaggio del 20 luglio 1969 resta che, secondo Kébé, ad avere calpestato il suolo lunare fu un uomo e che lo fece nell’ormai lontano 1972. Resta che nessuna donna ne ha avuto ancora il privilegio.
L’astrofisica francese ribadisce infatti che proprio di privilegio si tratta e che «le donne non sono le benvenute in questo circolo ristretto, di cui rappresentano appena il 10%». In reazione a questa disparità Fatoumata Kébé è impegnata nella lotta contro il mancato accesso e le limitate opportunità per le femmes scientifiques e fa parte di «Femmes & Sciences» e di «Women in Aerospace», associazioni che promuovono e valorizzano le donne nelle carriere scientifiche e tecniche.