La lotta all’ornamento di Adolf Loos e la bauhausiana Casa Wittgenstein, progettata dal filosofo nella seconda metà degli anni Venti per la sorella Margarethe, sono gli imprescindibili punti di riferimento del Thomas Bernhard messo a fuoco nel saggio di Fatima Naqvi, How We Learn Where We Live. Thomas Bernhard, Architecture, and Bildung (Northwestern University Press Evanston, Illinois), che propone di ripensare il lavoro dello scrittore e drammaturgo austriaco andando oltre il piano puramente stilistico per aprire lo sguardo sul suo pensiero architettonico-pedagogico e sul suo dialogo silenzioso con l’architettura austriaca a lui contemporanea. Non mancano, nel libro, i riferimenti ai modelli filosofici intorno ai quali si organizza l’idea bernhardiana di spazio, alcuni scontati, che vengono da Ernst Bloch e Ludwig Wittgenstein, altri meno: quelli che si riferiscono a Ernst Cassirer o a Michel Foucault.

L’autrice, che ha studiato a fondo la biblioteca di Bernhard, si concentra dunque sul rapporto che il grande moralista austriaco instaura con lo spazio attraverso la scrittura. Nel libro, ben strutturato, si alternano le analisi di alcuni testi – Amras, Perturbamento, Correzioni, Antichi Maestri – o di figure importanti dell’architettura viennese degli anni Sessanta e Settanta, alle «stazioni» teoriche che si concentrano sull’eco, nell’opera di Bernhard, delle questioni centrali, in quegli anni in Austria, per il concetto di spazio: l’idea di «architettura elementare» di Raimund Abraham, ad esempio, o il concetto allora tornato in auge di Wunderkammer, o ancora l’idea di architettura come cervello, concepita dall’architetto e scultore austriaco Walter Pichler e ripresa da Thomas Bernhard nel tema ricorrente del Denkgebäude, edificio del pensiero.

La torre di Innsbruck nel racconto Amras, la Casa Wittgenstein di Vienna in Correzioni e il Kunsthistorisches Museum nel romanzo Antichi maestri sono alcune delle ambientazioni di Bernhard sulle quali si concentra l’autrice, sostenendo che grazie al confronto assiduo con il pensiero architettonico contemporaneo, lo spazio diventa per Bernhard un principio strutturante, un elemento in grado di plasmare le figure dei romanzi e la loro mente. Il tipico sviluppo verticale dell’andamento sintattico che contraddistingue lo scrittore viennese, con i suoi movimenti verso l’alto e verso il basso, richiama – sostiene Naqvi – i disegni delle architetture utopiche ideate da Hans Hollein.

Partendo dallo spazio claustrofobico della torre di Amras, l’autrice stabilisce dunque legami di interdipendenza diretta tra lo sviluppo dei personaggi e lo spazio in cui si muovono: «Le nostre facoltà di apprendimento», scrive Naqvi, «sono intimamente connesse alla qualità dei luoghi in cui viviamo e tra i quali ci muoviamo… Leggere Bernhard ci dà la sensazione molto chiara che la materialità e la storicità di tali luoghi sia importante, che muri, scale e finestre modellino le persone». Opera ambiziosa, che sembra a volte voler richiamare Gödel, Escher, Bach di Hofstadter, How We Learn Where We Live, non si muove su quella ampiezza e ariosità, ma in alcuni capitoli – in particolare quelli dedicati alle singole opere dello scrittore – ha il pregio di farci spiare dentro la Wunderkammer del genio bernhardiano, e basterebbe questo a renderlo un libro importante.