«Ci mettiamo la fascia tricolore, ma la tentazione che ho è di darla al prefetto» è stato il commento ieri del sindaco di Napoli, Luigi de Magistris, a margine della cerimonia del 2 giugno. Il riferimento è soprattutto a due temi: il governo nel dl Rilancio ha stanziato per le città 3 miliardi, troppo pochi per evitare il default dei municipi. Il premier ha promesso un aumento delle risorse ma si è anche impegnato a restituire ai sindaci il potere di ordinanza, sospeso con il dpcm dell’8 marzo.

De Magistris non vuole più aspettare e, in vista della fase 3, aveva varato un’ordinanza che riportava gli orari dei locali a quelli pre-Covid, in contrasto con le disposizioni della regione. Il Tar ha sospeso il provvedimento del comune in via precauzionale, in attesa della decisione: «Avremo ragione nel merito – il commento di de Magistris -. Il mio dovere è tutelare i napoletani ma anche far riprendere le attività economiche. Perché un presidente di regione chiama ogni giorno il governo per andare a votare domani (Vincenzo De Luca chiede il voto a luglio, ndr) e poi costringe i campani alle 22.05 a non poter prendere una bibita fuori da un locale».

Spazio di manovra con nuovi fondi per la città e una ribalta nazionale all’insegna del municipalismo è la scelta fatta dal sindaco di Napoli, che tra un anno finisce il suo secondo mandato. Saranno 12 mesi turbolenti. Oggi nuovo tentativo di sfiducia in consiglio comunale: Forza Italia porterà il notaio per raccogliere le firme, ne servono 21 e non sembrano esserci. Il Pd si è detto pronto a schierare i suoi 3 consiglieri con Fi e FdI ma sembra più una sfida a Iv, accusata di fare da «stampella» a de Magistris, con i renziani che replicano: «Non siamo il vostro parafulmine». Anche dalle parti 5S non c’è entusiasmo: «La proposta sembra una ‘sfiducia elettorale’».

Arancioni, 5S e Forza Italia hanno però un elemento in comune: tutti chiedono insistentemente al Viminale l’esito della commissione di accesso all’Asl Napoli 1, la più grande del Mezzogiorno. La polizia giudiziaria un anno fa cominciò a indagare sulle infiltrazioni camorristiche nella Sanità cittadina, su richiesta dei parlamentari 5S. L’indagine, a quanto trapela, ha messo nel mirino gli appalti nell’ospedale Cardarelli (che sarebbero finiti nell’orbita dei clan collinari) e la gestione di bar, parcheggio abusivo, liste di attesa e assunzioni al San Giovanni Bosco, nella sfera di influenza dell’Alleanza di Secondigliano.

L’istruttoria è conclusa ma il Viminale non ha ancora trasmesso gli atti al consiglio dei ministri per chiedere, eventualmente, lo scioglimento dell’Azienda. Ciro Verdoliva è passato da direttore del Cardarelli a commissario straordinario dell’Asl Napoli 1 e poi ne è diventato direttore. Soprattutto, ha gestito l’emergenza Covid accanto al governatore De Luca, in corsa per la rielezione.

Sabato dal Viminale è arrivata la precisazione: «Nessuna decisione è stata assunta. A seguito dell’entrata in vigore del dl 18/2020, il ministro dovrà eventualmente formulare la proposta entro dicembre». I 5S non ci stanno: «Il Cura Italia ha previsto la norma per dare più tempo alle istruttorie in corso. Qui gli atti sono acquisiti, è un tentativo di tutelare il candidato Pd alle regionali». Il caso potrebbe creare altre turbolenze nel governo.

Anche Matteo Salvini si è fatto sentire: «De Luca aveva parlato di ‘atto cialtronesco’ invece avevamo ragione». Il 5 giugno il leader della Lega sarà a Napoli per presentare due new entry: Gianpiero Zinzi e Severino Nappi. Da Fi notano con ironia: «Il nuovo che avanza è Zinzi, passato dall’Udeur a Forza Italia e adesso al Carroccio. L’altro dalla lista Caldoro presidente a Fi e Ncd».