Si direbbe che Julian Barnes abbia esordito al romanzo dando forma a giovani personaggi ricalcati sulle sue ambizioni e sulla presa in giro di alcuni suoi snobismi francofili, per poi individuare nelle disfuzioni matrimoniali il serbatorio ideale della sua verve e l’habitat naturale di quegli scambi di opinioni e battibecchi che hanno reso i suoi dialoghi tra i più sofisticati della narrativa inglese. Nel primo romanzo, Metroland, aveva messo in scena due ragazzi, Christopher e Toni, che si divertivano a cogliere i segni della stupidità nelle espressioni dei comuni avventori di una esposizione artistica, mentre facendo sfoggio di sopraccigli alzati interrogavano il loro futuro, immaginandosi di casa nella letteratura francese e nell’arte, che un destino inequivocabile faceva coincidere con le loro stesse esistenze.

Ma già dal secondo libro, Prima di me, un romanzo dell’82 ora ben tradotto per la prima volta da Daniela Fargione (Einaudi, (pp. 193, euro 18.50), Barnes scelse di addentrarsi tra le quinte domestiche: l’incipit coglie Graham Hendrick agli sgoccioli del suo matrimonio con Barbara, dalla quale ha avuto una figlia preadolescente e, negli ultimi anni, ripetute manifestazioni di cattivo umore, quanto basta a creare di lì a breve il terreno ideale per l’inizio della relazione con una giovane attricetta di B-movies, presentatagli dal comune amico Jack Lupton. Costui è di quelli che usano accogliere le persone in casa con una pacca sul sedere esclamando «vecchia baldracca, vieni dentro», mentre apre la porta dalla quale è presumibilmente appena uscita la moglie dell’amico, che viene a implorare consiglio e sostegno per i propri guai matrimoniali.

Un giorno, al cinema
Accade più volte che Graham si rivolga al presunto amico Jack per confidargli le proprie ambasce, sebbene per la verità il suo secondo matrimonio abbia tutte le carte in regola per funzionare, e Ann sia una compagna amorevole, tollerante e in grado di gratificare, con partecipata soddisfazione, i desideri sessuali del suo amato marito. Ma un giorno Barbara, la prima moglie, inventando un pretesto che si rivelerà infondato, intima a Graham di portare la loro figlia a vedere un film, nelle cui sequenze di minor peso si vedrà comparire Ann nel ruolo di una donna volgare e di disinvolti costumi, con il risultato di guadagnare alla ragazzina la convinzione che il padre se ne sia andato con «una sgualdrina», e di attivare in lui una gelosia retroattiva per quel che la sua attuale moglie ha fatto sulla scena, o prima e dopo le riprese con quegli attori di terza categoria che l’hanno accompagnata nelle sue fallimentari performances recitative.

Tutto il romanzo, impeccabile quanto a scrittura e costruzione sebbene avviato verso un finale repentino e non molto coerente con il carattere del personaggio che lo agisce, è ben lontano dal raggiungere sia l’ironia sia l’effervescenza linguistica, sia la fulmineità dei dialoghi che renderanno inconfondibile la voce di Barnes, sempre empaticamente sintonizzata con i turbamenti psichici dei suoi giovani protagonisti. E anche quella capacità di avvitare più volte la trama fino a farle sprigionare sorprese insospettabili, come accade soprattutto in uno dei suoi migliori romanzi, Il senso della fine, qui non trova energia sufficiente, e l’epilogo della vicenda non sembrerebbe promettere all’autore quella carriera brillante che ne avrebbe fatto, invece, uno tra i migliori della sua generazione.
Un embrione di relazione triangolare viene abbozzata qui, per la prima volta da Barnes, che dopo avere ripetutamente indirizzato il suo protagonista al cinema per vedere tutti i film nei quali la sua attuale moglie ha recitato, onde congetturare sulle avventure collaterali da lei consumate con i diversi attori che l’hanno affiancata, lo spedisce dall’amico Jack, confidente dei due coniugi l’uno all’insaputa dell’altro; finché non si scoprirà che per quanto poco passionale e per nulla esclusiva, la storica relazione di Ann con Jack non è mai finita.

Un giorno, nel corso di una festa organizzata proprio per distendere e ravvivare l’atmosfera dei due coniugi, il povero Graham vede all’opera le mani sgraziate dell’amico sulla di lui moglie. Invece di guardarsi alle spalle e interrogarsi sugli uomini che hanno avuto a che fare con Ann, «prima che lei mi incontrasse», come suona il titolo originale, meglio avrebbe fatto Graham a guardare al presente, e all’amico con il quale si ostina a confidarsi.
L’epilogo tragico non riscatta, anzi aggrava, la banalità della trama, ma questa non è che una tappa iniziale della dedizione di Julian Barnes ai triangoli amorosi, quella dedizione che troverà in Parliamone, e nella ripresa dei suoi personaggi in Amore. Dieci anni dopo, il vertice della grazia e dell’ironia dell’autore, uniti all’idea di presentare i personaggi uno alla volta, nell’atto di contendersi la scena per offrire al lettore il loro punto di vista su quanto sta accadendo.

Uno studio per triangoli futuri
All’epoca in cui uscì Parliamone, era il 1991, i destini dei tre personaggi messi in scena da Barnes – il brillante e verboso Oliver, il suo timido amico Stuart e la restauratrice Gillian – avevano così appassionato i lettori da tradursi in una inondazione di lettere interrogative all’autore, che dieci anni dopo si convinse a riprendere quei personaggi e a ribaltarne il destino. Allora, appropriandosi di una frase letta in un libro, Gillian aveva dichiarato: «…ogni relazione contiene al proprio interno i fantasmi o le ombre di tutto ciò che non è stata. Tutte le alternative abbandonate, le scelte dimenticate, le vite che avresti potuto avere e che non hai avuto». Proprio questo è infatti il terreno elettivo delle speculazioni romanzesche di Barnes, alternate alle considerazioni derivate dalla sua vocazione letteraria, che trovarono nel Pappagallo di Flaubert, del 1986, il loro momento più sofisticato e forse anche la loro singolarità più marcata.

Come accade a quasi tutti gli scrittori, anche di prima grandezza, la carriera di Barnes è passata per tappe qualitativamente assai distanti tra loro, ma tutte sorrette da una scrittura senza ombra di cadute, e da un tallonamento dei personaggi insistentemente convincente, se non sempre seduttivo.Va dunque letto come uno «studio» su situazioni più tardi riprese e meglio sviluppate questo secondo romanzo, Prima di me, dedicato ai paradossi della gelosia, che si esercita su improbabili fatti del passato trascurando il presente, finché l’evidenza – anch’essa male intepretata – non trasforma il tranquillo e forse un po’ noioso Graham Hendrick in un uomo d’azione, proprio quando meglio sarebbe stato per tutti che fermasse la sua mente e la sua mano.