Sempre più evento dal respiro internazionale ed ogni anno un appuntamento da non perdere per gli appassionati di Asia e di cinema, è cominciato nella giornata di ieri il Far East Film Festival numero 19. Anche quest’anno Udine ospiterà, in quello che a buon ragione è stato definito il Cannes del cinema asiatico, un corposo numero di film provenienti dalle più diverse aree cinematografiche del vasto continente, 83 sono i titoli selezionati per questa edizione, provenienti da 12 paesi e con quattro anteprime mondiali, senza contare poi tutta la serie di eventi collaterali che animeranno la cittadina friulana trasformandola per quasi dieci giorni nella capitale occidentale dell’Estremo Oriente. Le danze sono state aperte ieri sera con l’inaugurazione e la proiezione della pellicola giapponese Survival Family, commedia diretta da Shinobu Yaguchi, già dietro la macchina da presa per Waterboys e l’ottimo Wood Job!, che esplora un nuovo lato del disaster movie nipponico, una famiglia infatti cerca di sopravvivere ad un black out e a tutti i problemi e le avventure che questo evento comporta.

Le filmografie più presenti sono come sempre quella giapponese, appunto, assieme a quelle sudcoreane, cinesi e a quella targata Hong Kong. Proprio l’ex colonia britannica sarà la protagonista di una grande e importante retrospettiva, Creative Visions: Hong Kong cinema 1997-2017, a 20 anni di distanza dall’handover che ha riconsegnato Hong Kong alla Cina.

Il Far East Film presenterà 10 film che riflettono i cambiamenti, l’evoluzione, le problematiche e l’energia che hanno attraversato e ancora solcano questa città così speciale che in questi due decenni ha cercato e dovuto reinventarsi. Questa retrospettiva è quasi un atto dovuto da parte del Far East, chi era presente nella ormai lontana prima edizione del 1999 si ricorderà infatti come il nome originario del FEFF fosse appunto Hong Kong Film e di quell’anno zero ritornerà, quasi a chiudere il cerchio, un importante film che alla prima edizione vi partecipò. Il nuovo restauro di Made in Hong Kong di Fruit Chan, prodotto dal FEFF e diretto dal laboratorio bolognese L’immagine ritrovata, tre anni di lavoro per «recuperare» un film che era praticamente impossibile vedere in condizioni decenti, avrà infatti proprio a Udine la sua anteprima mondiale. Oltre al film di Fruit Chan, che sarà fra gli ospiti più attesi del festival, la retrospettiva offrirà anche un’occasione per (ri)vedere altri gioielli usciti da Hong Kong, lavori con cui ripensare i mutamenti dell’ex colonia e quelli del suo cinema, dal gangster movie atipico The Mission del grande Johnnie To alla comicità spettacolare di Stephen Chow con Kung Fu Hustle, al leggendario Ip Man di Wilson Hip, fino al più recente e osannato The Grandmaster firmato Wong Kar Wai.

Fra i film provenienti dal Sol Levante spicca Scoop! storia di un fotoreporter/paparazzo che sprofonda nel mondo del gossip, lungometraggio che si apre con uno straordinario piano sequenza e che rimane una delle pellicole d’intrattenimento più riuscite del 2016 nipponico, dietro alla macchina da presa quel Hitoshi One che già aveva impressionato il pubblico friulano con Love Strikes e Be My Baby in edizioni recenti della manifestazione. Da seguire anche un nome conosciuto fra i cinefili come Nobuhiro Yamashita che a Udine porterà My Uncle e Over the Fence, ma anche Love and Other Cults di Eiji Uchida, presentato qui in anteprima mondiale. Interessante poi la presenza di Close-Knit di Ogigami Naoko, regista avvezza ai palcoscenici festivalieri che con il suo ultimo delicato lavoro affronta il tema «difficile» delle minoranze LGBT nel contesto familiare. Il tema è toccato, anche se in modo più leggero, dalla commedia Die Beautiful del filippino Jun Robles Lana dove ad interpretare il ruolo del protagonista transgender Trisha/Patrick è Paolo Ballesteros, attore e personalità televisiva molto nota in patria per le sue impersonazioni femminili e che per il ruolo in questo film ha vinto già alcuni riconoscimenti. Corposa come al solito anche la rappresentanza sudcoreana, dalla commedia d’azione Confidential Assingment di Kim Sung-hoon, dove la relazione fra le due Coree è uno dei temi principali, al thriller Fabricated City, dove il protagonista, un gamer professionista cerca di discolparsi dai delitti di cui è stato ingiustamente accusato. Dalla Cina invece spicca la presenza di Feng Xiaogang, autore famoso per le sue commedie ma capace di abbinare qualità a successo tanto da essere stato definito lo Spielberg cinese, il regista sarà a Udine e porterà il suo ultimo lavoro, I Am not Madame Bovary.

Arriva dalla Cina una delle quattro anteprime mondiali, Mr. Zhu’s Summer di Song Haolin, storia delle difficoltà di un insegnante di scuola elementare non troppo brillante ma ricco di positività e amore per la sua missione di educatore. Oltre ad alcuni titoli provenienti dalla Tailandia, da Taiwan, filmografia da tenere sempre sott’occhio, e dall’Indonesia, quest’anno per la prima volta sarà proiettato nella cittadina friulana una pellicola targata Laos, il thriller Dearest Sister di Mattie Do.

Per i cinefili desiderosi di esperienze estetiche al limite ci saranno poi anche alcuni corti sperimentali, animati e non in alcune delle sezioni laterali così come anche documentari e classici recuperati. Non possiamo non segnalare almeno Branded to Kill/La farfalla sul mirino di Seijun Suzuki, regista giapponese scomparso lo scorso febbraio, più volte ospite della manifestazione e che con il Far East aveva un rapporto davvero speciale.

Nel processo che ha portato il FEFF a diventare una manifestazione di respiro internazionale e fulcro del cinema asiatico in Occidente non poteva mancare una sezione dedicata ai professionisti dell’industria. Se l’anno passato era stato l’inizio in una sorta di sperimentazione, in questa edizione il gruppo del FEFF ha perfezionato l’idea con FOCUS ASIA, spazio operativo e creativo dove sono previsti incontri, market screening e tavole rotonde dedicati agli specialisti del settore.

Al di là dei registi più famosi o delle filmografie con più lunga tradizione, o ancora dei consigli di questo o quell’altro critico, uno dei pregi maggiori del Far East fin dalle sue origini è stato quello di offrire inaspettate esperienze cinematografiche e finestre aperte sulla vastità di culture, lingue e modi di esistere che si dispiegano nell’Estremo Oriente. Anche al di là del valore intrinseco dei film cioè, lo sanno benissimo gli spettatori fedeli del festival, quelli che lo seguono dagli inizi, non c’è niente di paragonabile al brivido di scoperta che si prova quando si entra in sala senza saper niente del film, sia che si tratti di un film campione d’incassi in Tailandia o di una commedia d’azione cambogiana per esempio. La casualità delle visioni e della magia che il cinema è capace ancora di dare in questi incontri speciali fra il mondo creato da registi di paesi così lontani e quello pronto ad accogliere dello spettatore, ha davvero pochi paralleli in altre manifestazioni festivaliere del globo.