Premessa: se anche voi avete messo la vostra seconda casa su Airbnb per fare un piccolo investimento non dovete sentirvi in colpa. La presunta impronta socialista della piattaforma di affitti turistici più famosa al mondo ha ingannato un po’ tutti i sostenitori della sharing economy.

Airbnb rappresenta una geniale invenzione dei nostri tempi: sfruttando la retorica naif della condivisione, della comunità e della disintermediazione è riuscita ad incarnare profondamente quel comunitarismo neoliberista che affascina un po’ tutti. Ma, a ben guardare, è pieno di insidie.

ALLORA PROVIAMO ad immaginare il mondo degli affitti brevi come espressione di un luogo in cui il turismo low cost non snatura le città e i suoi abitanti, non produce costi occulti in termini, ad esempio, di aumento dei prezzi di locazione e vendita delle abitazioni, precarizzando sempre più il diritto all’alloggio e scatenando una gentrificazione selvaggia frutto di speculazioni immobiliari. Un turismo che non frammenta le comunità e non favorisce la chiusura dei classici negozi di vicinato a favore di attività mordi e fuggi per turisti bulimici, generando un cortocircuito lavorativo fatto di nero, bassi salari, esternalizzazioni. Un mondo in cui non dobbiamo assistere inermi alla banalizzazione dell’ambiente urbano, già sovrastimolato da un uso troppo intensivo delle sue risorse fino a trasformarlo in un luccicante luna park.

PENSIAMO INVECE A LUOGHI IN CUI turisti, ospiti e vicini di casa possano decidere insieme, anche alle amministrazioni locali, come rendere tutto il processo non solo più equo e sostenibile, ma anche premiante per la comunità, reinvestendo localmente i profitti delle piattaforme, nell’interesse di tutti. Ecco: questo mondo esiste già e si chiama Fairbnb. Una F che stravolge radicalmente un modello. Fairbnb è il primo grande progetto al mondo di economia circolare nel settore turistico. Un’idea che si sta sviluppando in Italia ma che guarda all’Europa, grazie a un gruppo molto variegato di attivisti, programmatori, ricercatori e creativi provenienti da diversi Paesi, uniti nell’obiettivo di dare vita a un’alternativa di mercato sostenibile alla piattaforme commerciali esistenti.

IL CONCETTO E’: UNA SOLUZIONE EQUA e smart per un turismo gestito dalla comunità dei residenti. Una nuova formula di portale per il booking dedicato inizialmente agli affitti brevi ma già intenzionato ad aprirsi in futuro anche a hotel, B&B, camping e a tutte le forme possibili di ospitalità turistica. Fairbnb è un sistema di home sharing che mette la comunità ospitante al centro, privilegiando le persone rispetto al profitto e offrendo la possibilità di esperienze di viaggio realmente autentiche e sostenibili. «La vera novità è che nel suo Dna c’è un ragionamento molto approfondito sulla sostenibilità del turismo. Noi fondatori arriviamo tutti da città pesantemente colpite dal lato oscuro della massificazione turistica», spiega Emanuele Dal Carlo. Lui è veneziano e si occupa di comunicazione. Al suo fianco «due giovani startuppari», un italiano che vive tra Spagna e Argentina, una ragazza lituana con esperienze in grandi aziende nel settore software, due architetti spagnoli, un franco-italiano e uno svizzero.

L’IDEA PORTA GIA’ IN SENO IL VIAGGIO perché è nata in luoghi diversi. Emanuele ci stava lavorando nel 2016 all’interno del think tank «Reset Venezia» quando ha scoperto che ad Amsterdam un meetup stava ragionando su un percorso simile. Poi sono arrivati altri gruppi che da diverse parti d’Europa gli hanno dato una mano a delineare il modello finale. «Posto che viaggiare è bellissimo e ognuno nella propria casa entro certi limiti può fare ciò che vuole, abbiamo capito che protestare in piazza o fare attività di lobbying e moral suasion serve solo fino a un certo punto. Per questo ci siamo detti proviamo a scardinare il sistema da dentro». Lato domanda di fatto non cambia nulla: «Chi vuole visitare un luogo lo può fare: siamo a favore del turismo come viaggio, strumento di scoperta e democratizzazione delle informazioni per spostarsi liberamente nel mondo. Lato offerta invece mettiamo dei limiti». Fairbnb fa in modo che sia ciascuna città, al di là delle normative vigenti spesso troppo lacunose, a poter definire i corretti criteri di sostenibilità per i propri host, cioè per chi ospita, secondo le sensibilità specifiche di ogni luogo. Per farlo si serve di nodi locali, gruppi di cittadini e attivisti già presenti sul territorio «con cui entriamo in contatto, iniziamo un percorso di conoscenza, ci informiamo sulle leggi locali legate alla residenzialità e poi tentiamo di definire i criteri di sostenibilità. Rispondiamo a un’esigenza esplicita, quindi non atterreremo mai in una comunità dall’alto: non succederà mai che Fairbnb dica apriamo a… iscrivetevi».

IL PROGETTO NELLA SUA VERSIONE PILOTA parte da Venezia, Bologna, Amsterdam, Barcellona e Valencia, cui si è aggiunta in coda anche Genova. «Con queste amministrazioni trovare un accordo è stato piuttosto semplice, ma altre invece stanno a guardare come ci muoviamo». Proprio Amsterdam, Barcellona e Valencia, assieme ad altre sette città europee, hanno appena scritto una lettera alla Ue chiedendo di mettere «con urgenza» in calendario un dibattito sulla «crescita esplosiva» degli appartamenti in affitto sulla piattaforma, che ha fatto decollare il costo degli appartamenti nei quartieri storici, svuotandoli: «Airbnb sta togliendo le case ai nostri cittadini – denunciano -. Noi crediamo che le case debbano essere utilizzate prima di tutto per vivere».

LA RICHIESTA E’ SEMPLICE: fare in modo che le piattaforme come Airbnb, Booking e le altre condividano almeno le informazioni sugli affitti in modo da poter assicurare che le normative locali in materia siano rispettate. «Abbiamo bisogno di forti obblighi legali affinché le piattaforme cooperino con noi nei regimi di registrazione e nella fornitura di dati di affitto delle proprietà sulle loro piattaforme». Ciò che distingue Fairbnb è proprio questo: la trasparenza, perché collabora con le amministrazioni pubbliche per garantire solo alloggi legali, in regola con tasse e permessi, promuovendo norme che incoraggino un turismo sostenibile. Inoltre, condivide i suoi dati con i Comuni in modo che possano analizzare il reale impatto del turismo, salvaguardando, ovviamente, privacy e sicurezza degli utenti. «È bizzarro che tutti gli altri portali permettano le soluzioni abitative più disparate. Noi facciamo persino controlli di persona tramite i nodi locali», precisa Emanuele. Altro vantaggio è la circolarità, quella vera, che crea valore per i residenti. Il 50% della fee di prenotazione viene donato a progetti di comunità scelti da chi vive in quella città e tesi a mitigare gli effetti negativi del turismo, proteggendo allo stesso tempo la residenzialità. Possono essere programmi green, di social housing, di restauro, cooperative di acquisto, aree giochi, luoghi di aggregazione sociale e molto altro. Sono gli stessi nodi a selezionare e scegliere i progetti per loro più interessanti. All’interno di questi, ogni host può decidere in base alla propria sensibilità a quale progetto collegarsi. Anche il viaggiatore può connettere il suo viaggio all’idea che più gli piace.

A DIFFERENZA DI AIRBNB e altri portali questo è anche un vero esempio di home sharing perché vige la regola 1 casa=1 host, cioè ogni host può avere sul mercato degli affitti solo una seconda casa. l’obiettivo è identificare una categoria di locatori sostenibile con il mercato immobiliare per i residenti. «se poi chi affitta condivide una stanza della propria casa meglio ancora».
Fairbnb si definisce democratico perché sono i residenti a stabilire come operare nella proprie comunità, aiutando il progetto a crescere. La piattaforma non è di proprietà di anonimi investitori ma di chi la usa e ne subisce gli effetti. non a caso emanuele e gli altri hanno scelto la formula della cooperativa: le loro decisioni vengono prese in maniera condivisa con un sistema di governance distribuita tra host, ospiti, imprese locali e vicini di casa.

A VENEZIA AD ESEMPIO i criteri delineati sono piuttosto restrittivi perché è una città che vive da anni una crisi profonda di residenzialità: i nodi lì hanno stabilito che chi affitta debba non solo avere un’unica casa sul mercato turistico, ma debba anche essere residente, quindi creare più possibile economia circolare. «in alcuni casi stiamo anche cercando di rispondere a esigenze specifiche opposte, cioè quelle di piccole comunità che si stanno spopolando e vedono invece nel turismo una grande opportunità».E il prezzo chi lo fa? l’host, in maniera completamente autonoma. per lui il costo è zero e non ha alcun obbligo di esclusività: può proporre il suo appartamento anche su altre piattaforme. «l’unica cosa che chiediamo è di essere legali e sostenibili».

ALLA RICHIESTA DEL PROPRIETARIO fairbnb aggiunge in modo trasparente un 15 per cento a carico del viaggiatore, la metà di quel 15 per cento è la parte destinata ai progetti di comunità. «Normalmente su un portale troviamo un prezzo ma poi al suo interno succedono tante cose: sui portali storici la percentuale chiesta all’host può arrivare al 20/30 per cento ma non sappiamo quanto effettivamente stiamo pagando a lui e quanto al sito. Con fairbnb invece mostriamo in modo chiaro quanto va a chi ospita. inoltre, si tratta di una persona che paga le tasse localmente, quindi il viaggiatore sa anche che sta contribuendo al benessere di quella comunità».

Fairbnb sta già contagiando l’Europa, grande e piccola: è stato inserito come modello virtuoso nel programma per le europee del partito di sinistra tedesco die linke, così come in quello del candidato sindaco di una minuscola cittadina francese di appena 2mila abitanti. grazie a una campagna di crowdfunding che è servita ad aggregare persone che credono nel progetto, fairbnb dovrebbe diventare realtà con la messa online del sito di prenotazione entro fine luglio. «Nonostante i tanti ritardi burocratici e i continui cambi legislativi che ci hanno costretto a rimodulare il progetto, siamo orgogliosi di lanciare un modello che anticipa già una serie di novità che le piattaforme di booking dovranno accogliere, in particolare rispetto ai criteri di legalità degli appartamenti». l’alternativa etica a airbnb è pronta a partire.