Mentre la temperatura del pianeta si eleva a una velocità tale da rendere gli scenari futuri sempre più foschi, su alcune zone del mondo si abbattono inusuali sferzate di gelo. Anche in Italia abbiamo assistito a bruschi cali della temperatura e a nevicate come non se ne vedevano da decine di anni.

QUESTI FENOMENI di segno opposto non solo non sono in contraddizione fra di loro, come potrebbe pensare chi confonde il clima con il tempo meteorologico, ma sono addirittura correlati. In uno studio pubblicato sulla rivista Nature Climate Change, i ricercatori Mostafa Hamouda e Claudia Pasquero dell’Università di Milano-Bicocca, insieme a Eli Tziperman dell’Università di Harvard, oltre a individuare i fenomeni che permettono all’aria gelida di raggiungere le medie latitudini come le nostre, hanno scoperto che il meccanismo analizzato offre anche una spiegazione al legame tra il riscaldamento globale e l’aumento degli eventi di freddo estremo.

GLI INVERNI ALLE MEDIE LATITUDINI, cioè le nostre, sono meno rigidi di quelli alle alte latitudini principalmente per una questione di insolazione legata al moto di rivoluzione e rotazione terrestre e alle tante variabili dovute all’inclinazione dell’asse terrestre: più ci si sposta verso Nord nella stagione invernale, meno ore di luce si ricevono e meno intensi sono i raggi, in quanto a causa della sfericità della superficie terrestre, arrivano sempre più inclinati. Esiste però un complesso sistema di circolazione di masse d’aria atmosferica che rende il contesto meno lineare: una di queste è il cosiddetto vortice polare, una corrente atmosferica che intrappola l’aria fredda dell’Artico alle alte latitudini e le impedisce di raggiungere e fare battere i denti le parti del globo poste più a sud. Succede però che, ogni due anni circa, il vortice polare perde di forza e permette all’aria gelida di raggiungere le medie latitudini: a questo fenomeno in Italia dobbiamo per esempio la straordinaria nevicata a Roma del 2018, oppure l’incredibile gelata che si è abbattuta sulla pianura Padana il febbraio 2012, quando la temperatura scese sotto i -20°C e la laguna Veneta divenne una lastra di ghiaccio.

LE CAUSE DELL’INDEBOLIMENTO del vortice polare vanno ricercate ad altissime quote, circa trenta chilometri, quindi in quella fascia di atmosfera chiamata stratosfera dove le condizioni chimico fisiche sono diverse dalla sottostante troposfera, quella dove si svolge la vita. Nella stratosfera le temperature sono basse, ma può succedere che l’aria a trenta chilometri di quota si riscaldi rapidamente, provocando un’anomalia dei venti, in quanto le masse d’aria si spostano da zone fredde a zone calde. Sono questi venti anomali che spalancano le porte all’aria polare, che riesce a raggiungere anche le medie latitudini.

IL MECCANISMO INDIVIDUATO dalla ricerca spiega anche gli eventi meteorologici estremi avvenuti recentemente: infatti, proprio a cavallo del Capodanno 2021 si è verificato un riscaldamento stratosferico in Artico particolarmente intenso (circa 50°C) determinando possibili conseguenze di instabilità meteorologica in Europa e/o Nord America nelle settimane successive, in parte già manifestatesi con l’eccezionale ondata di neve e freddo in corso in Spagna.

QUINDI ORA IL TEMA È: PERCHÉ si riscalda la stratosfera? Quello che già si sapeva è che eventi come la fusione del ghiaccio artico e le piogge tropicali intense possono influenzare la temperature della stratosfera, determinando anche delle vere e proprie anomalie. Sennonché le conoscenze a riguardo di tali eventi non sono ancora sufficienti per permettere di prevedere in maniera accurata il loro verificarsi.

LO STUDIO DELL’UNIVERSITÀ DI MILANO Bicocca e dell’Università di Harvard individua come condizione anticipatrice delle anomalie atmosferiche un elemento che prima non era mai stato preso in considerazione, ovvero la temperatura superficiale dell’Oceano Pacifico Settentrionale: le sue acque particolarmente calde hanno riscaldato l’aria fredda proveniente dalla Siberia, provocandone la risalita fino alla stratosfera, che così ha cambiato le sue condizioni.

UNA SCOPERTA CHE VA DI PARI PASSO con i risultati di un altro articolo pubblicato pochi giorni fa e che ha suscitato attenzione ed allarme: si è trattato del primo studio sul riscaldamento globale degli oceani, realizzato da tredici istituti di ricerca. Ha mostrato come per effetto del surriscaldamento globale il 2020 sia stato un anno da record non solo per le temperature terrestri ma anche quelle oceaniche, in particolare per le acque superficiali.