«Fermiamo questa spesa inutile», 14 miliardi di euro di cui due già spesi, 45 in prospettiva, in un paese che non trova soldi da investire sul lavoro, che taglia sull’assistenza, in cui «migliaia di persone su territori a rischio sismico o idrogeologico», attacca Giorgio Airaudo, indipendente di Sel, in aula. Ieri pomeriggio a Montecitorio è iniziata la discussione sulla mozione proposta da Sel (primo firmatario Giulio Marcon, di Sbilanciamoci e della campagna Taglia le ali alle armi), dal M5S e da 14 deputati Pd. In tutto, 160 firme, un numero lontanissimo dalla maggioranza che serve, ma che potrebbe trasformarsi in una rampa di lancio per la mozione se nel Pd alla fine non si reggesse un accordo interno sulla sospensione, almeno temporanea, dell’acquisto degli F35. Che era, e qui sta il paradosso, una proposta del candidato Bersani in campagna elettorale. Difficile, anche per i democratici impegnati a sostenere un governo con il Pdl, votare oggi pomeriggio in senso opposto. E però l’impatto che il no agli F35 avrebbe sul governo sarebbe pesante. Assomiglierebbe ’pericolosamente’ al materializzarsi i di un’altra maggioranza (Pd, Sel, 5 stelle, la stessa che in queste ore prende quota al Campidoglio di Roma) che era, appunto, la scommessa del governo «di cambiamento» del Pd fino a due mesi fa.

Il ministro della difesa Mauro ha da tempo messo le mani avanti, schierandosi in difesa delle macchine da guerra («investimenti di pace», li ha chiamati) che però il Dipartimento della Difesa Usa considera inefficienti e già superate. Sulle quali paesi come Gran Bretagna e Olanda hanno già deciso di sospendere gli investimenti.
Ma l’anima pacifista del Pd ieri si è fatta sentire in aula, dopo gli interventi di vendoliani e grillini (che ne fanno una battaglia campale). Parla Paolo Beni, già presidente dell’Arci, da anni impegnata nelle campagne pacifiste. Parla Gero Grassi, ex dc, che arriva a chiedere «la trasformazione del ministero della difesa in ministero della Pace». Fuori dal palazzo, in piazza Montecitorio, i pacifisti della campagna Taglia le ali alle armi accolgono i deputati che escono dall’aula improvvisando lanci di areoplanini di carta, «soprattutto in tempi di crisi come questi, i 14 miliardi per l’acquisto e lo sviluppo di 90 cacciabombadieri potrebbero essere spesi molto meglio».

Per il Pd è l’ennesima prova di funambolismo. Il gruppo della camera è spaccato in tre: la posizione dei «responsabili» che non vogliono sconfessare le scelte atlantiche delle passate stagioni del centrosinistra; quella dei «responsabili» che puntano a non mettere in difficoltà il governo Letta, nelle ore in cui è appeso al filo degli umori giudiziari di Berlusconi; e quella maggioritaria dei «responsabili» verso il paese e l’elettorato, al quale era stato promesso lo stop all’investimento. «La promessa di Bersani non era una scelta casuale. Aveva captato che i cittadini che non hanno di che vivere auspicano che questi soldi siano destinati a occupazione, welfare, sanità, scuola», spiega Gero Grassi. Pippo Civati, fra i firmatari della mozione Sel-M5S: «Ho chiesto al Pd che sia esplicita la volontà di sospendere il programma fino alla discussione di questo autunno, quando la partita della Difesa sarà discussa a livello europeo. E se non sarà così, voteremo in tanti per la cancellazione degli F35». «Meglio spendere i 14 miliardi per la sicurezza sismica, per l’assetto idraulico, per la scuola, per il lavoro», suggerisce il presidente della Toscana Enrico Rossi.

Il Pd è sul punto della spaccatura. In serata, alla riunione dei deputati, i toni sono durissimi. I «pacifisti» chiedono «minimo» un impegno alla riduzione dell’acquisto. Il capogruppo il commissione difesa Scanu cerca la quadra. Il Pd oggi presenterà un testo che chiede un’indagine conoscitiva sul programma F35 e sulle altre spese militari. Poi il parlamento, cui spetta la decisione, deciderà. Nel frattempo «non si impegna all’acquisto» degli F35. Che è un altro modo per dire, senza però dirlo, che l’acquisto è sospeso.