«L’abbiamo sfangata». Sono le parole con cui mercoledì pomeriggio il giovane capogruppo del Pd Roberto Speranza ha tirato, insieme a un paio di colleghi, un sospiro di sollievo uscendo dall’aula dopo l’approvazione della mozione sugli F35 che impegna il governo «a non procedere a nessuna fase di ulteriore acquisizione degli F35 senza che il parlamento si sia espresso nel merito ai sensi dell’art. 4 della legge 244». Una sospensione di fatto dell’acquisto dei caccia, nell’interpretazione dei democratici; una riaffermazione di fatto, in quella – opposta – del Pdl e del ministro della difesa Mauro. Che ieri ha ricevuto man forte dal collega del lavoro Giovannini: «Il governo si è sempre dimostrato in linea con il ministro Mauro».

Per dirla con Pippo Civati, uno dei 14 firmatari Pd della mozione Sel-M5S che invece chiedeva l’azzeramento degli F35 «è un pareggio senza reti. Nessuno ha vinto». Alla camera dunque la decisione è rinviata alla fine del lavoro di una commissione d’indagine da istituire in seno alla commissione difesa. Un lavoro che può durare fino a sei mesi.

Ma fino a quel momento il fascicolo dei caccia non resterà chiuso. Anzi si sta già per riaprire. Ieri il presidente del senato Piero Grasso ha fatto sapere di aver calendarizzato per il 10 e l’11 luglio la discussione delle mozioni sugli F35 depositate a Palazzo Madama. Si tratta, almeno fin qui, di tre testi separati, quello di Sel, quello dell’M5S e quello del Pd. A Montecitorio su questo argomento la maggioranza ha trovato faticosamente un esilissimo filo di equilibrio. Ma al senato la situazione rischia di essere più complicata.

Innanzitutto perché qui l’iniziativa della discussione non parte solo dall’opposizione, ma anche dallo stesso Pd. Lo scorso 6 giugno infatti il senatore Felice Casson ha presentato una mozione il cui dispositivo, nelle conclusioni, è molto simile al testo originario di Sel, quello presentato a marzo, prima della nascita del governo delle larghe intese. Il testo democratico chiede di «sospendere immediatamente la partecipazione italiana al programma di realizzazione dell’aereo JSF/F-35»; di «procedere, in prospettiva europea, ad una visione strategica della politica di difesa»; e infine di «destinare le somme risparmiate ad investimenti pubblici riguardanti la tutela del territorio nazionale dal rischio idrogeologico, la tutela dei posti di lavoro, la sicurezza dei lavoratori». L’hanno firmata 23 senatori PD (oltre a Casson, Amati, Cirinnà, Spilabotte, Dirindin, Tocci , Valentini, Puppato, Granaiola, Mineo, Puglisi, Capacchione, Lo Giudice, Pagliari, Ruta, Filippi, Lumia, D’Adda, Pezzopane, Ricchiuti, Angioni, Padua, Manconi) e una del movimento di Grillo, la marchigiana Serenella Fucksia.
Ed è questa l’altra ’anomalia’ di questo ramo del parlamento. A Montecitorio gli insulti volati in aula dagli scranni grillini all’indirizzo di quelli democratici ha convinto molti deputati Pd ’dissidenti’ a votare persino contro la mozione dell’opposizione che pure 14 dem avevano firmato.

Al senato tira un’altra aria. Qui tradizionalmente il gruppo a 5 stelle punta più al risultato che alla bagarre mediatica. I giochi potrebbero andare un po’ diversamente. Qui la mozione Pd già depositata non sarebbe invotabile per Sel. Non a caso il primo firmatario Casson qualche giorno fa ha firmato sull’Unità un articolo scritto a quattro mani con Giulio Marcon, a sua volta primo firmatario della mozione di Sel alla camera: tema, neanche a dirlo, lo stop alla spesa degli F35.

D’altro canto un testo che parla esplicitamente di «sospensione» del programma – a patto che, ovviamente, il Pd non imponga di ritirarlo sull’altare delle larghe intese – rischia di aprire un caso di coscienza nei 5 stelle del senato: in molti sarebbero tentati di votarlo. Un rischio incrociato: per il governo e per la compattezza già fragile dei grillini. Non a caso dall’area dei falchi a 5 stelle ieri si è staccata Elisa Bulgarelli per annunciare che a Palazzo Madama l’M5S farà ’più uno’: insieme ai caccia, andrà all’attacco anche delle «10 fregate del programma Fremm, per una spesa sconsiderata di 6 miliardi di euro». Un metodo collaudato per scoraggiare un eventuale accordo, anche con una parte del Pd, sul taglio dei «soli» F35.