Sono due i tavoli dove si studiano le norme sulla precarizzazione del lavoro e alcuni, limitati. antidoti. Il primo è quello sull’Expo a Milano nel 2015 che ieri ha registrato un incontro interlocutorio tra governo e sindacati. La Cgil ha messo in chiaro che «la flessibilità esistente è sufficiente» e non è possibile «manomettere» ancora le regole sui contratti a termine.

L’allusione, nemmeno troppo velata, è alle reiterate offensive di Maurizio Sacconi (Pdl), sostenuto dalle imprese e da Scelta Civica, a favore di un’ulteriore deregolamentazione del mercato del lavoro. Lo stesso ministro del lavoro Giovannini ha ipotizzato una semplificazione sul tempo determinato, ma è stato fermato dalla Cgil per la quale non è possibile nessun’altra deroga. Margini superiori per un’intesa esistono sull’«apprendistato breve».

Insieme a Cisl e Uil, Corso Italia ha assegnato i compiti per l’estate al governo: quali sono le risorse che intende stanziare per finanziare la riduzione del costo del lavoro, come chiesto anche dalle imprese? Nessuno lo sa, visto che Giovannini ha rimandato tutto alla legge di Stabilità in autunno. Domani è previsto un nuovo incontro tra le parti sociali che hanno siglato un accordo sull’Expo che prevede l’assunzione a termine di 640 apprendisti, 195 stagisti e il lavoro gratutito per 18.500 «giovani». L’intesa prevede per queste poche centinaia di under 29 una «flessibilità» regolata dal contratto nazionale del terziario. Questa è la linea maginot oltre la quale i sindacati non andranno.

La partita dell’Expo non è compresa nella discussione che si sta svolgendo sul secondo tavolo, quello del Senato dove si stanno studiando alcune deroghe al diritto del lavoro. Ieri la discussione sugli emendamenti al «decreto lavoro» si è fermata all’articolo 7, quello sui contratti a termine. Il provvedimento prevede l’accorciamento di 10 e 20 giorni dell’intervallo tra un contratto a termine e l’altro se è inferiore o superiore a 6 mesi, ma soprattutto la deroga alla riforma Fornero sull’«acausalità» del primo contratto.

Al Senato è stato approvato un emendamento che prevede la sua prorogabilità per un periodo non superiore a 400 giorni nell’arco di tre anni, superati i quali il contratto si trasforma a tempo indeterminato. Per essere assunti bisogna lavorare per tre anni per lo stesso datore di lavoro. Un esito altamente incerto visto che oltre il 65% delle nuove assunzioni oggi è a termine e non producono occupazione stabile. Il governo ha messo a disposizione delle imprese incentivi per oltre 800 milioni di euro. Finanzieranno chi garantisce l’assunzione di giovani tra i 18 e 29 anni, disoccupati da almeno sei mesi, oppure privi di titoli di studio oltre la licenza media, oppure con familiari a carico. La misura vale per 18 mesi e prevede un tetto massimo di 650 euro mensili. 500 milioni andranno alle regioni del Mezzogiorno e da essi sono stati esclusi i laureati e i diplomati. Il Pd ha cercato di elevare l’età dei beneficiari a 35 anni, ma la richiesta è stata fermata.

È stato affondato l’articolo 6 del decreto sull’alternanza «scuola-lavoro», per cui erano stati stanziati 2 milioni per il 2013 e 7,6 milioni per il 2014, ma è stato confermato un altro pilastro del governo: la «garanzia giovani» per neo-diplomati e neo-laureati under 29 e disoccupati per cui il Consiglio Europeo di fine giugno ha stanziato 500 milioni. Per l’Isfol a 2 milioni e 256 mila giovani andranno 225 euro a testa per due anni. Il governo spera di occupare così 100 mila giovani e 70 mila tirocinanti.