Sono state alte le adesioni allo sciopero di 24 ore indetto ieri dai sindacati in tutti gli stabilimenti del gruppo Acciaierie d’Italia-ex Ilva. A Taranto è stata intorno all’80%, al netto dei comandati per le norme di salvaguardia del sito siderurgico, mentre le imprese dell’indotto lo stop è stato totale. Adesioni superiori al 90% nello stabilimento di Genova di Cornigliano dove la protesta continuerà. Gli operai si fermeranno un’ora al giorno fino al 29 luglio. Fermi anche Racconigi (Cuneo) e Legnaro (Padova). A Novi Ligure (Alessandria) la partecipazione è stata superiore al 90%. Il 60% dei lavoratori si è fermato a Paderno Dugnano (Milano). A Taranto una delegazione è stata ricevuta dal prefetto che ha preso l’impegno a sollecitare l’incontro entro luglio tra governo e Acciaierie d’Italia sul piano industriale. «Oggi l’unica certezza per i lavoratori è la cassa integrazione – ha detto Gianni Venturi, segretario nazionale Fiom-Cgil e responsabile siderurgia. – a fronte di una domanda di acciaio in forte crescita. Gli investimenti sono sostanzialmente azzerati sia per la manutenzione ordinaria e straordinaria degli impianti, mettendo a rischio la sicurezza dei lavoratori, sia per il risanamento e la sostenibilità ambientale delle produzioni. I lavoratori vogliono risposte immediate sull’occupazione e soprattutto l’attuazione del piano ambientale e industriale. Il governo convochi il tavolo con azienda e sindacati e renda esplicito il tanto preannunciato piano nazionale della siderurgia». La protesta contro Acciaierie d’Italia riguarda «i salari taglieggiati dalla cassa integrazione e dal mancato rispetto degli accordi». «L’azienda accumula utili mentre la riconversione sostenibile e il loro futuro-compreso l’indotto e l’ex Ilva in amministrazione straordinaria- continuano ad essere argomenti preclusi al sindacato e ai lavoratori, un silenzio che non si rompe anche con la nuova società per metà pubblica» ha sostenuto la segretaria della Fiom Francesca Re David.