Governo che arriva, boiardo che trovi. Per l’ex Ilva dopo Caio, tocca a Bernabè. Il nome dell’ex presidente di Eni e amministratore delegato di Telecom sarebbe l’asso nella manica del ministro Giancarlo Giorgetti – con il placet di Mario Draghi – per imprimere la svolta decisiva all’infinita vertenza del gruppo siderurgico.

DOPO AVER FINALMENTE assegnato le deleghe ai suoi vice e sottosegretari – alle crisi aziendali rimarrà la viceministra del M5s Alessandra Todde che ricorda di aver portato «il numero di tavoli dai 150 del settembre 2019 ai 97 attuali», sebbene sarà affiancata dalla prevista task force in parallelo con il ministero del lavoro – il titolare leghista del Mise prepara l’ingresso dello stato nel cda che sarà alla pari con Arcelor Mittal puntando tutto sul manager che per due volte fu estromesso dalla guida dell’ex partecipata dalle telecomunicazioni.

Il governo Conte due si affidò invece a Francesco Caio, ex ad di Poste, che senza alcuna designazione ufficiale trattò con Lucia Morselli la pace con Arcelor Mittal dopo lo scontro nelle aule del tribunale civile di Milano dal dicembre 2019. L’accordo – mai discusso con i sindacati – prevede una forte riduzione della produzione e tagli occupazionali notevoli rispetto al testo sottoscritto da tutte le parti nel 2018 con Di Maio ministro. Caio nel frattempo è diventato presidente di Ita – la piccola compagnia che prenderà il posto di Alitalia – a dimostrazione che i boiardi cascano sempre in piedi.
Nello schema previsto per l’ingresso tramite aumento di capitale lo stato potrà nominare tre rappresentanti nel cda della società ora interamente controllata da Arcelor Mittal Italia e guidata da Lucia Morselli in modo – come al solito – stravagante.

A MITTAL RIMARREBBE la nomina dell’amministratore delegato – che dovrebbe rimanere Morselli – mentre allo stato il presidente. Almeno fino a un nuovo aumento di capitale che – nelle intenzioni di Giorgetti (e Draghi) – nel 2022 porterebbe Bernabè alla guida del gruppo.

IN VERITÀ, DOPO IL SECONDO addio a Telecom – 2013 – Bernabè, che ora ha 73 anni, non ha avuto alcun incarico industriale. E nel suo lungo curriculum non c’è alcuna esperienza nel settore siderurgico. Ma si sa, in Italia per i manager pubblici l’età è un dettaglio e le pensioni da nababbi sono assicurate: Giuseppe Bono – il boiardo più longevo – ha ben 77 anni e non ci pensa nemmeno a mollare la guida di Fincantieri.
Per le altre due designazioni di nomina statale nel cda si fanno i nomi di Stefano Cao – dal 2015 amministratore delegato di Saipem – e di Ernesto Somma, ex capo di gabinetto di Carlo Calenda durante il fallito accordo su Ilva – e ora responsabile incentivi di Invitalia.

TUTTA L’OPERAZIONE È PERÒ subordinata al versamento dei 400 milioni per cui è probabile che il governo aspetti il 13 maggio, giorno in cui il Consiglio di Stato si pronuncerà sul ricorso di ArcelorMittal Italia sulla chiusura dell’area a caldo di Taranto come da ordinanza del sindaco Rinaldo Melucci, confermata dal Tar di Lecce.
Che la situazione a Taranto sia ancora esplosiva lo conferma lo sciopero unitario indetto ieri da Fim, Fiom e Uilm a Taranto per 24 ore con manifestazione sotto il Mise a Roma il 23 aprile per protestare contro il silenzio del governo sul futuro dell’ex gruppo Ilva.

«BISOGNA FAR SENTIRE LA VOCE dei lavoratori – scrivono Fim, Fiom e Uilm – stanchi di subire anni di mancate scelte da parte dei governi che si sono susseguiti senza mai programmare un futuro di rilancio dello stabilimento di Taranto, sia in termini ambientali che occupazionali. Avviare da subito un confronto con le parti sociali per costruire un futuro, attraverso anche i fondi del Recovery fund, e porre fine a questa estenuante vertenza ormai lunga oltre un decennio», spiegano unitariamente in una nota le segreterie provinciali e le Rsu Fim, Fiom e Uilm di Taranto.

L’Usb invece si fermerà domani. Ci sarà anche Riccardo Cristello, il lavoratore licenziato da Arcelor Mittal per il post che invitava a vedere la fiction «Svegliati amore mio» sul bambino morto per l’inquinamento, al presidio davanti ai cancelli dell’acciaieria.