Alla fine il governo e ArcelorMittal continueranno a trattare almeno sino al 6 febbraio. L’obiettivo è raggiungere un’intesa di massima con la quale presentarsi, il giorno successivo, di fronte al giudice Marangoni della procura di Milano ed avanzare la richiesta di annullare il procedimento giudiziario in corso. La conferma arriva dal ministro allo Sviluppo economico Patuanelli, che mercoledì aveva affermato: «Se entro il 31 gennaio non troveremo l’intesa, ci vedremo il 7 febbraio in tribunale». Per poi dichiarare 48 ore dopo che «con ArcelorMittal stiamo trattando, l’udienza è fissata il 7 febbraio, fino al 6 notte se si riesce a trovare una soluzione affinché entrambe le parti ritirino il procedimento giudiziario siamo ovviamente più tranquilli, però non lo faremo ad ogni costo. Io non ho incontri in agenda con Mittal». Probabilmente il ministro no, ma il premier Conte avrebbe in programma un incontro con i vertici di Mittal, dopo quello sfumato a Davos.

MOLTE FONTI VICINE AL DOSSIER sostengono però che non sia così impossibile che il 7 febbraio le parti possano chiedere una nuova proroga, di un mese, per perfezionare un’intesa che ancora oggi appare lontana. Trovare una sintesi tra due piani industriali opposti sia sull’attività produttiva che sul numero degli esuberi, è impresa titanica. Senza dimenticare la complessità di un’operazione che prevede l’ingresso nel capitale sociale della società dello Stato, tramite il Mef e Invitalia, oltre che delle banche che dovrebbero convertire in quota capitale i crediti elargiti nel corso degli anni e che avrebbero dovuto recuperare dai quasi 2 miliardi che la multinazionale deve versare per l’acquisto del gruppo ex Ilva.

È PROPRIO QUESTA COMPLESSITÀ che ha spinto le parti a proseguire, parallelamente alla trattativa, il percorso giudiziario apertosi con il ricorso d’urgenza avanzato dai Commissari straordinari di Ilva contro l’atto di recesso di novembre depositato da ArcelorMittal. Ricorso sostenuto dal governo che aveva promesso l’avvio «della causa legale del secolo», oltre che dai pm della Procura di Milano.

Ultimo atto prima dell’udienza del 7 febbraio, la memoria di controrepliche depositata venerdì sera in procura a Milano dai legali di ArcelorMittal. Un documento di 60 pagine, che replica punto per punto le accuse dei legali della struttura commissariale nella memoria depositata lo scorso dicembre. I legali di Am InvestCo Italy, società con cui Mittal controlla l’ex Ilva, sostegno che «sono molteplici le affermazioni erronee e gratuitamente offensive contenute nella memoria dei Commissari». Rispedita al mittente l’accusa di aver depredato il magazzino delle materie prime, così come «il processo di progressiva dismissione suggestivamente descritto». Diffamatorie «le allegazioni relative agli asseriti danni a impianti: non sussiste alcun elemento idoneo a dimostrare un pericolo imminente e irreparabile per lo stabilimento». La responsabilità della mancata attuazione del contratto di affitto e del Piano Ambientale dunque, «non deriva dalle condotte di AM, bensì da una precisa scelta governativa e politica, attuata anche attraverso l’eliminazione della Protezione Legale: ossia, delle condizioni per la realizzazione del Piano Ambientale (e Industriale) nell’area a caldo». Memoria che si conclude con un chiaro messaggio: «AM sarebbe disposta a concordare le modalità per garantire la più agevole restituzione dei Rami d’Azienda» confermando dunque l’intenzione di recedere dal contratto qualora non venga trovata l’intesa con il governo.

LA SETTIMANA CHE VA ad iniziare, trattativa a parte, vedrà i sindacati incontrare nuovamente l’ad Morselli per fare il punto sulla situazione delle ditte dell’indotto. Che sono tornate a protestare per il mancato saldo delle fatture di dicembre scadute il 15 gennaio. Nonostante una comunicazione dell’ad del 20 gennaio, con la quale si informava Confindustria Taranto dell’avvenuta emissione dei bonifici, la protesta è andata in scena comunque, senza ottenere l’appoggio dei sindacati.