Il diritto all’eutanasia è al centro del nuovo pamphlet di Paolo Flores d’Arcais Questione di vita e di morte (Einaudi, pp. 136, euro 12): la morte fa parte della vita e in uno Stato di diritto ogni decisione che concerne la vita umana appartiene esclusivamente al soggetto che ne è titolare. Secondo Flores d’Arcais da questo assunto derivano due conseguenze: la prima è che a ciascuno va riconosciuto il diritto inalienabile – possibilmente da costituzionalizzare – di decidere quando porre fine alla propria vita. Sia di fronte alle sofferenze generate da una malattia incurabile (il caso di Pier Giorgio Welby) sia, in generale, quando la vita diventa insopportabile per quel soggetto da un punto di vista esistenziale, psicologico o morale (il caso di Lucio Magri). La seconda conseguenza è che le istituzioni pubbliche del nostro paese, riconoscendo il diritto all’eutanasia, dovrebbero sia eliminare ogni sanzione contro i professionisti chiamati a metterla in pratica, sia prevedere appositi percorsi per esercitarla. Due i beni principali che il diritto all’eutanasia andrebbe a tutelare e ad estendere: la libertà personale dell’individuo e la sua dignità della quale il diritto a decidere quanta e quale sofferenza fisica, morale e psicologica è in grado di sopportare, costituisce un corollario altrettanto irrinunciabile.

LA RAGIONE – quella con la «R» maiuscola dell’Illuminismo, anche se un illuminista come Kant respingeva come immorale il diritto all’eutanasia – è il fondamento dell’intero ragionamento di Paolo Flores d’Arcais. La Chiesa con le sue gerarchie e la sua dottrina che ostinatamente si oppongono in Italia all’adozione di una legge sull’eutanasia – anche se questa, basandosi sull’assolutizzazione del diritto di scelta individuale comporterebbe anche il diritto per ciascuno, e dunque anche per i «credenti», di non esercitare l’eutanasia – il bersaglio polemico principale. Un volume che si propone quindi come un apologo della libertà individuale contro la tirannia del potere e di qualunque Stato etico, fondamento della dittatura. Ma le cose stanno davvero in modo così semplice, riconducibili a uno schema di geometrica potenza? Il tutto è riducibile alla sola contrapposizione tra credenti e non credenti, declinata oltretutto in termini puramente manichei? In un’epoca di post-verità e di politica urlante restituire la complessità delle cose ed esercitare critica e auto-critica anche rispetto alle proprie convinzioni, dovrebbe essere il compito principale di un intellettuale pubblico. Che aiuta così se stesso e gli altri ad andare oltre il dogmatismo, proprio in nome della Ragione.

IL TEMA DEL FINE VITA e dell’eutanasia è uno dei più delicati e rimescola i campi etici e religiosi perché investe i soggetti umani nella loro concretezza. Non occorre dunque essere Michel Foucault per comprendere che in esso convergono tutte le contraddizioni ma anche le opportunità, in termini di estensione dell’autonomia soggettiva, della versione contemporanea della bio-politica neoliberale. Più che in altri casi il diritto all’eutanasia ridefinisce il nostro rapporto con la vita umana, con la cura di sé e degli altri, delle istituzioni rispetto alle persone e della stessa idea di dignità personale e di società.
Mentre nei casi estremi, quelli di sofferenze intollerabili e di malattie senza speranza, la coscienza di ciascuno, per empatia e per ragione o per diritto, come affermato recentemente dal tribunale di Roma, può avere pochi dubbi nel prendere le distanze dall’accanimento terapeutico (sempre che la volontà della persona si esprima in questo senso) il problema si pone con maggior forza in tutti quei casi grigi che l’eutanasia stessa solleva: nella condizione di depressione, di fronte alla vecchiaia o all’infermità, specie di chi ha meno mezzi economici o culturali. Anche se è vero che nei paesi dove il diritto all’eutanasia è stato pienamente riconosciuto (in Europa i soli paesi del Benelux), ad essa sembra ricorrersi solo di fronte a malattie incurabili e terribili. Ma sarà sempre così? Insomma il libro di Flores d’Arcais offre un importante contributo nel sollecitare giustamente il legislatore italiano a prendere una posizione. Ma occorrono certamente altri studi e riflessioni che, fuori dalla gabbia dei dualismi ideologici, lo aiutino a farlo tenendo conto, pragmaticamente, di tutta la complessità della questione.