Nel mondo patinato e ripetitivo delle soap opera è come parlare di un’altra epoca. Quando The Bold and the Beautiful, la serie approdata da noi con un più laconico titolo, Beautiful esordiva nei palinsesti della Cbs, era il 23 marzo 1987, 29 anni fa, e la crisi del genere era ben aldilà dal venire. Nei novanta erano quindici le soap monitorate dagli ascolti della Nielsen, nel 2015 si sono ridotte a quattro. Young and restless – conosciuta dalle nostre parti come Febbre d’amore (ma resistita poche stagioni nel daytime di Rete4), le storiche General Hospital (in onda dal 1963) e Days of our lives.

E naturalmente Beautiful, da dieci anni stabile negli Usa proprio dietro a Y&R, ma in assoluto la telenovela più venduta al mondo. Da dodici mesi a questa parte, però, gli ascolti sembrano drasticamente in calo, i dati registrati parlano chiaro: Beautiful ha perso nelle ultime settimane 244.000 spettatori, ma è una tendenza continua e inarrestabile, dato che rispetto allo scorso anno gli spettatori perduti sono ben 287.000 e, in confronto al 2011, sono quasi 500 mila.

Non è ancora allarme rosso, ma certo che ai piani alti del network Usa si sta pensando a un restyling prima di praticare l’eutanasia della famiglia Forrester… La «colpa» – secondo i media americani – è tutta nelle trame e nelle licenze che gli sceneggiatori si sono presi nel corso delle ultime stagioni. Travolto dai talent e dai reality, il teleromanzo del pomeriggio per sopravvivere ha dovuto (re) inventare una vita parallela ai suoi personaggi.

Quindi se non bastano i trenta matrimoni della decana Brooke, si tenta con espedienti narrativi «al passo con i tempi», come l’inserimento della figura di un transessuale accanto a una storia parallela di maternità surrogata. Troppo, forse, per il pubblico conservatore del pomeriggio.