Molti studenti universitari, esprimono il loro disagio in vista delle elezioni del 25 maggio: essendo studenti, fuori sede, infatti, per esercitare uno dei diritti costituenti di ogni democrazia, il diritto di voto, sono costretti a prenotare un aereo o un treno per tornare al Comune di Residenza (…). Addio sessioni d’esame.

Che l’Europa sia una convenzione economica più che un’unione culturale di popoli e persone, è evidente dal modo in cui tratta il suo futuro: i giovani. Come ad ogni appuntamento elettorale, gli studenti fuori sede rischiano di saltare il turno, perché costretti a votare esclusivamente nel Comune di residenza. Le Università europee sono più impegnate a intercettare finanziamenti, evidentemente, che ha coltivare la coscienza politica e soprattutto comunitaria degli studenti che le frequentano. L’esempio più emblematico e paradossale è l’impossibilità di votare per gli studenti fuori sede impegnati proprio nei progetti europei, come gli Erasmus. Tali progetti sono nati per permettere lo scambio culturale e l’integrazione comunitaria degli universitari dei paesi membri dell’Unione, al fine di favorire una cultura unitaria nelle nuove generazioni che reggeranno le sorti dell’Europa. Tutto questo viene smentito con la pratica che non consente agli studenti impegnati nell’Erasmus di votare là dove stanno proseguendo la carriera universitaria, ma li obbliga – tempo e denaro permettendo – a ritornare al luogo di residenza per esercitare il diritto di voto, come se si trattasse di semplici amministrative. Insomma per votare per l’Europa, uno studente che partecipa ad un progetto europeo al fine di rendere fattiva e non solo retorica la Comunità Europea, non ha altre chance se non quelle di ritornare al comune di residenza. Un problema che riguarda migliaia di studenti: in 22 anni dalla fondazione, l’«Erasmus» ha coinvolto oltre due milioni di ragazzi.

* candidato de L’altra Europa con Tsipras