Manuel Valls il “volontarista” ha forzato la mano all’indeciso François Hollande: per le europee, a differenza delle municipali dello scorso marzo, il governo sarà in prima fila nella campagna elettorale, per difendere l’idea che la Francia ha ancora la possibilità di incidere in modo determinante sul corso dell’Unione europea, l’unico progetto che può ancora essere accettato in un paese in piena crisi di identità. La maggioranza, dopo la pesante sconfitta delle municipali, non ha difatti nulla da perdere, con i sondaggi che danno il Ps terzo partito, molto dietro il Fronte nazionale e l’Ump, mentre i Verdi, ancora alleati ma non più nel governo, sono in perdita di velocità rispetto al 2009. L’astensione minaccia di battere un nuovo record. Il primo nemico da abbattere è l’indifferenza. Nessuna grande rete tv ha accettato di trasmettere in diretta il 15 maggio il dibattito tra i capi-lista europei.

Ieri si è aperta ufficialmente in Francia la campagna per il voto del 25 maggio. Il presidente è già sceso in campo, con un lungo intervento pubblicato il 9 maggio da Le Monde, “L’Europa che voglio” e il primo ministro era in tv (su Tf1) domenica 11. L’intervento di Hollande ha spiazzato (momentaneamente) Nicolas Sarkozy, che è spinto da (parte) dei suoi ad intervenire sulle europee e intende cogliere l’occasione per rientrare rumorosamente nel gioco politico, malgrado le pesanti divisioni sull’Europa all’interno dell’Ump (con una parte della destra di governo che si avvicina al rifiuto dell’Europa del Fronte nazionale).

La tattica governativa è di implicare i ministri nella campagna, per cercare di invertire la rotta dell’antieuropeismo sempre più dominante, con l’estrema destra che detta i temi del dibattito politico. Per i socialisti, il compito è difficile se non addirittura impossibile. Il partito di maggioranza è stretto in tenaglia, tra una generica denuncia dell’austerità e il programma di governo che prevede 50 miliardi di tagli al welfare per rispettare il diktat del 3% di deficit. Il Ps si è spaccato, a livello nazionale, sulla scelta del rigore, 41 deputati socialisti non hanno votato il programma di Valls. Ma adesso il primo ministro cerca di convincere l’elettorato di sinistra che, deluso, non ha votato alle municipali, promettendo la possibilità di “scegliere un’Europa della crescita, dell’occupazione e dell’investimento”, respingendo “i populismi”. Hollande è tornato a promettere un’Europa “del progresso”, prende ad esempio l’Ucraina per combattere il nazionalismo. Ma molti, nel Ps, temono che questa nuova tornata elettorale “finisca di nuovo male” e che le conseguenze sulla tenuta del governo e sul futuro della presidenza Hollande siano pesanti. Hollande, allievo (ormai tiepido) di Jacques Delors, ammette la “delusione” causata dall’Europa attuale, il “dubbio” che si diffonde, “l’incomprensione che alimenta il rigetto”. Promette “solidarietà”, un’Europa della “volontà”, un futuro di “transizione energetica”, sottolinea le azioni intraprese per l’occupazione giovanile e la (minima) tassa sulle transazioni finanziarie. Per dare un po’ di concretezza, Hollande diffonde l’idea, vaga nei trattati, che sarà il parlamento europeo a scegliere il prossimo presidente della Commissione e che quindi “il risultato di questo scrutinio determinerà la direzione che l’Europa prenderà nei prossimi cinque anni”. Ma evita di evocare il negoziato trattato transatlantico, la cosiddetta “Nato del commercio”, che alimenta tutti i timori.

I Verdi, non più nel governo ma ancora ufficialmente parte della maggioranza, hanno difficoltà ad imporre le loro tematiche, benché le europee siano tradizionalmente un terreno favorevole per gli ecologisti. Ma José Bové, proposto alla testa della Commissione in tandem con la tedesca Ska Keller (che ha i favori della direzione dei Verdi europei), non ha il carisma di Daniel Cohn-Bendit. Il Front de Gauche spera di raddoppiare lo score del 2009 (aveva appena superato il 6%). Propone una lotta per uscire dall’ “austeritarismo” e lascia aperta l’ipotesi di un’uscita dall’euro se non ci saranno passi avanti per l’armonizzazione sociale e fiscale.