I Paesi che non collaboreranno sui rimpatri dei propri cittadini entrati irregolarmente in Europa, in un futuro molto prossimo dovranno fare i conti con le maggiori difficoltà che potrebbero incontrare nella concessione di un visto di ingresso nell’Unione europea. Il giro di vite è in preparazione a Bruxelles, dove la Commissione europea ha presentato ieri una proposta di riforma della politica comune dei visti che se da un lato punta ad agevolare il turismo, il commercio e gli affari con gli Stati membri, dall’altro ha come obiettivo anche e soprattutto quello di «punire» quei Paesi – soprattutto africani e asiatici – che non collaborano a sufficienza nel facilitare i rimpatri dei migranti irregolari. Una riforma pensata per rafforzare la sicurezza interna all’Ue, ma anche con lo scopo dichiarato di ridurre l’immigrazione irregolare tra i suoi confini.

Diverse le motivazioni che hanno spinto la Commissione guidata da Jean Claude Juncker ad elaborare la proposta di riforma. Primo fra tutti quello di continuare a rendere più difficile la permanenza nella Ue di quanti non hanno diritto allo status di rifugiato, tanto più in un momento in cui i risultati delle elezioni italiane hanno ridato fiato a tutte quelle forze che in Europa hanno visto crescere i propri consensi elettorali soffiando proprio sull’immigrazione. Ma anche perché, come ha spiegato il commissario all’Immigrazione Dimitris Avramopoulos, i dati dicono che le politiche di contrasto messe in atto fino a oggi stanno dando i loro frutti, al punto da far registrare nel 2017 un calo degli arrivi del 28% rispetto al 2014, ovvero a un anno prima che scoppiasse la crisi dei migranti. «Non possiamo rallentare. Non possiamo riposarci sugli allori proprio adesso», ha detto Avramopoulos chiedendo «altre e più rapide azioni in materia di rimpatrio, gestione delle frontiere e canali legali, in particolare il reinsediamento dall’Africa ma anche dalla Turchia».

Le misure previste dalla Commissione Ue per quei Paesi restii a collaborare potrebbero quindi prevedere l’allungamento dei tempi per la concessione dei visti, la durata della validità di quelli rilasciati, il costo delle tasse e l’esenzione dal pagamento dei visti per alcune categorie di viaggiatori come ad esempio i diplomatici.

Intanto sempre la Commissione ha definito il quadro giuridico che consentirà di liberare la seconda tranche di 3 miliardi di euro da destinare alla Turchia in base all’accordo siglato nel 2016 con il quale Ankara si impegna a fermare i migranti, principalmente siriani, diretti in Europa. La Commissione conta di ripetere lo schema di pagamento già utilizzato per la prima tranche e che prevede un miliardo a carico del bilancio dell’Unione e due miliardi di contributi degli Stati membri.