Il nodo di una valutazione storico-realistica dell’esperienza dell’eurozona pare ormai ineludibile. Una riconsiderazione la impone anche il duello distruttivo in corso tra tecnocrazie, che scontano una crisi di consenso sociale sempre più accentuata verso la stagione neoliberista, e populismi, che con simbologie ingannevoli si proclamano gli autentici interpreti del vero sentire delle comunità invase da religioni altre e oppresse da burocrati privi di ogni legittimità. Quello che manca nel dibattito pubblico contemporaneo, proprio mentre i paesi più fragili precipitano sull’orlo di una grave crisi costituzionale, è una riflessione disincantata sul rendimento effettivo della architettura dell’Europa e, con essa, una chiara...