Il Parlamento Europeo a Strasburgo, con procedura d’urgenza, a grande maggioranza ha deciso di mettere in votazione, durante la prossima sezione plenaria, l’implementazione delle produzioni nazionali di missili e munizioni.

Non solo. L’atto prevede anche la possibilità di utilizzare il Fondo di coesione (quello che sostiene il nostro Sud), il Fondo sociale europeo e soprattutto i fondi destinati alla ripresa e alla resilienza (Pnrr) per il medesimo scopo. Un fatto gravissimo che corre in soccorso del governo Meloni. Con una procedura, quella d’urgenza, prevista per intervenire celermente durante la pandemia, dunque per salvare vite, e che oggi viene invece tirata in tutt’altra direzione. Produrre sempre più armi. Scelta fortemente voluta dall’asse di centro destra, popolari liberali e conservatori, subita e non contrastata adeguatamente dalle forze progressiste. Tra un mese, se il dispositivo della Risoluzione non subirà modifiche, il governo Meloni e gli altri governi nazionali potranno decidere di utilizzare una parte significativa degli aiuti dedicati alla ripresa per finanziare la produzione di armamenti.

Uno stravolgimento del Pnrr, nato per tentare di modificare il modello di sviluppo, con più transizione digitale, transizione ecologica e inclusione sociale. In un attimo siamo passati dagli Eurobond solidali che hanno salvato il continente dalle conseguenze della pandemia, alle Euro-bomb, pagate con i soldi messi insieme per sostenere la ripresa. Sarà complicato contestare la riprogrammazione del Pnrr da parte di Meloni, se si voterà a favore della Risoluzione che esplicitamente lo permette.

In questo contesto cresce, giorno dopo giorno, un’agenda di guerra che sta trasformando nel profondo le politiche europee e le mentalità dei decisori. Invece di investire su aiuti umanitari e ricostruzione ridiamo fiato all’industria bellica, facendola tornare al centro delle nostre economie. Una scelta che fa gonfiare il petto alle dimensioni nazionali e nazionaliste. Subisce, in questo modo, una battuta di arresto l’idea di un’Europa popolare comunitaria e torna in voga l’idea delle piccole patrie. Come vogliono i Paesi di Visegrad e come vuole il governo italiano.

L’Unione Europea non riesce a dispiegare una iniziativa autonoma che tenga insieme il sostegno all’Ucraina aggredita e la ricerca di una trattativa di pace.

Scelta fortemente influenzata da altri organismi. Penso ad un’alleanza che dovrebbe essere difensiva e militare come la Nato che ha assunto, invece, una funzione politica molto evidente. L’Europa dovrebbe porsi come sostenitore del popolo ucraino e soggetto terzo, ricercando costantemente le condizioni di un negoziato. E non continuare ad alimentare la postura di cobelligerante.

L’Europa così rischia di abdicare definitivamente ad una funzione che per storia, autorevolezza e credibilità potrebbe svolgere benissimo. Ad oggi purtroppo non vi è traccia di questa ambizione. E la torsione militarista non potrà che favorire le destre che puntano dritte a costruire nuovi equilibri dopo le elezioni del 2024.

Torna l’idea di un’Europa minima, molto influenzata dal Consiglio e cioè dalle leadership nazionali che hanno problemi, interessi, blocchi produttivi, come quello degli armamenti, interni ai propri confini. Nella stagione tragica della pandemia abbiamo fatto un grande balzo in avanti grazie alla guida di David Sassoli, soprattutto con Next Generation EU. La presidenza Metsola e lo stato d’eccezione determinato dalla guerra, hanno ribaltato il segno politico della legislatura. In molti puntano alla destrutturazione dell’Europa comunitaria. Nessuno, alle prossime elezioni, avrà posizioni anti europee. Saranno tutti europeisti. Ma di quale Europa parleremo? Quella delle tecnocrazie atlantiste? Quella delle nazioni e dei nazionalismi, come la intendono Orban e la Meloni? Oppure quella comunitaria democratica e sovrana?

Le forze che si muovono contro l’agenda di guerra, per un’Europa autonoma soggetto di pace dovrebbero avere la maturità di costruire un movimento che abbia al centro la volontà di far pesare il pezzo di società che dissente; anche sul terreno più strettamente politico e non solo etico. A partire dal voto che si esprimerà su questa Risoluzione. Torniamo al sogno dei Padri fondatori, una Europa progetto di pace. Se questa Europa l’hanno vista da Ventotene Ursula Hirschmann, Rossi, Colorni, Spinelli in un momento in cui il mondo sembrava perso sotto il tallone nazifascista, con un po’ più di coraggio possiamo vederla anche noi dalle postazioni che occupiamo, che non sono così scomode e rischiose come quelle dei confinati di Ventotene.

* eurodeputato indipendente Gruppo Socialisti e Democratici